Può l’ictus colpire la capacità di parlare?

2023-10-26
Può l’ictus colpire la capacità di parlare?

Circa il 30% delle persone colpite da ictus potrebbe sviluppare problematiche relative a capacità comunicative.

Il logopedista è il professionista sanitario che si occupa della presa in carico, e quindi della valutazione e del trattamento, delle difficoltà nella comunicazione da parte del paziente. 

 

 

Possiamo distinguere due tipologie di disturbi: 

  • l’afasia: un'alterazione della comprensione o della produzione della parola sia orale sia scritta, con un notevole impatto sulle attività di lettura e scrittura. 
  • la disartria: una difficoltà nell'articolazione delle parole che può compromettere la comprensibilità della produzione verbale del paziente e che può manifestarsi anche con un'alterazione dell'emissione della voce.

Sia per l'afasia che per la disartria possiamo identificare diversi gradi di difficoltà: dal paziente che necessita di un supporto comunicativo come immagini o parole scritte a quello che fatica a ritrovare alcuni concetti durante la conversazione. 

Nella presa in carico logopedica è molto importante considerare anche l'impatto sociale che i disturbi comunicativi possono avere in modo da favorire il prima possibile una reintegrazione del paziente nella vita quotidiana.

 

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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