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Si può tornare a camminare dopo l’ictus?

2024-10-21
Si può tornare a camminare dopo l’ictus?

Ictus: di cosa si tratta?

L’ictus è causato dall’improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale con conseguente danno alle cellule del cervello, dovuto alla mancanza di ossigeno o dei fattori nutritivi veicolati dal sangue (ischemia) o alla compressione dovuta al sangue fuoriuscito dal vaso (emorragia). In seguito a un ictus una persona può avere problemi di movimento per la parziale o totale paralisi di uno o più arti.

Si può tornare a camminare dopo l’ictus?

Il paziente colpito da ictus ha la possibilità di ritornare a camminare; il processo di recupero varia da persona a persona e dipende da diversi fattori

  • l’età del paziente
  • la sede della lesione
  • eventuali patologie concomitanti

Il percorso di riabilitazione che offriamo si propone, quindi, di accompagnare il paziente a recuperare molte delle funzioni motorie, tra cui il camminare. Vi sono però diversi fattori che possono influenzare tale percorso, positivamente o meno, come la motivazione del paziente e la sua situazione socio-familiare.

Il team della riabilitazione post ictus

Grazie alla multidisciplinarietà del nostro team abbiamo la possibilità di lavorare a 360 gradi sul paziente per raggiungere gli obiettivi prefissati, compreso il ritorno al cammino. La nostra équipe riabilitativa è composta da numerose figure professionali:

  • fisioterapista
  • logopedista
  • terapista occupazionale
  • psicologo
  • neuropsicologo

 

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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