Come si effettua una diagnosi di incontinenza urinaria?

2024-07-26
Come si effettua una diagnosi di incontinenza urinaria?

La diagnosi dell'incontinenza urinaria è innanzitutto clinica; ovvero deriva dall’anamnesi e dall'esame obiettivo.

La descrizione accurata dei sintomi da parte del paziente ci consentirà di capire se l'incontinenza si presenta in occasione di sforzi come tosse, starnuti, cammino, corsa, oppure in situazioni di urgenza, cioè quando vi è uno stimolo minzionale così improvviso da non consentire di arrivare in tempo ad un servizio igienico.

 

 

Quali sono gli esami per la diagnosi dell’incontinenza urinaria?

Esistono alcuni strumenti di diagnosi più complessi che devono essere utilizzati per escludere eventuali cause organiche dell'incontinenza urinaria. In una prima fase vengono effettuati gli esami di primo livello:

  • ecografia vescicale per valutare che non vi sia un elevato residuo post-minzionale.
  • esame delle urine e un’urinocoltura per escludere che vi siano infezioni a carico delle vie urinarie.

 

Gli esami di secondo livello servono a definire meglio le forme di incontinenza più complesse; ne è un esempio l'esame urodinamico, un’indagine che studia la funzionalità del basso tratto urinario, cioè vescica ed uretra, sia nella fase di riempimento che di svuotamento.

 

 

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Da dove arriva lo stress?

2024-07-19
Da dove arriva lo stress?

Per gestire lo stress, può essere utile un supporto psicologico, essendo una condizione di cui è difficile mettere a fuoco le cause. I fattori scatenanti possono essere di diverso tipo. Per esempio, possiamo identificare degli elementi ambientali, ovvero un contesto di vita particolarmente stressante:

  • una situazione lavorativa eccessivamente impegnativa e richiedente
  • una relazione conflittuale
  • una dimensione familiare problematica

 

Tutti questi elementi possono portare a un livello di stress che può arrivare a comportare anche uno stato disfunzionale.

 

 

Nella vita quotidiana possono anche capitare una serie di eventi in grado di attivare reazioni di stress intense: per esempio una separazione, un lutto o la perdita del lavoro.

Si possono anche individuare alcuni fattori predisponenti che possono portare a sviluppare più rapidamente reazioni di stress disfunzionali:

  • propensione ad avere un pensiero di tipo auto-svalutante
  • sottostima delle proprie capacità di fronte alle difficoltà
  • passata storia di eventi stressanti che porta ad essere più fragili se sotto pressione

 

 

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Un approccio multidisciplinare per risolvere i problemi di fragilità scheletrica

2024-07-15
Un approccio multidisciplinare per risolvere i problemi di fragilità scheletrica

Il team che si occupa di osteoporosi è composto da medici che hanno deciso di dedicarsi specificamente al metabolismo osseo. L'osteoporosi richiede comunque delle competenze trasversali: è necessario che lo specialista, indipendentemente dal suo settore d’origine, sia esso endocrinologia, ortopedia, fisioterapia, geriatria, medicina interna o altre, si dedichi in modo esclusivo a questo argomento, combinando le proprie conoscenze con quelle di ambiti diversi. L'approccio multidisciplinare è il metodo scelto dal Presidio Sanitario San Camillo, da altri centri qualificati e riconosciuti dalla Regione Piemonte e da organismi nazionali, in quanto centri specializzati nella cura dell'osteoporosi e, più in generale, delle malattie metaboliche dell’osso.

 

Il medico dunque non lavora da solo, perché molte delle aree citate in precedenza presuppongono un’équipe, una caratteristica specifica della riabilitazione. All’interno del team, il fisioterapista e il terapista occupazionale hanno un ruolo cruciale. Non ultimo, il servizio di radiologia dà un apporto decisivo attraverso densitometrie e morfometrie vertebrali, ovvero radiografie che consentono di individuare e quantificare rapidamente eventuali fratture vertebrali che possono essere sfuggite in precedenza.

 

L’obiettivo di chi si occupa di osteoporosi è prevenire le fratture

Il Presidio Sanitario è solito consigliare una terapia farmacologica, oppure dare dei consigli sulle modificazioni ambientali utili per prevenire fratture, in particolare le fratture di femore. È stato dimostrato che i farmaci utilizzati riducono efficacemente questo rischio.

 

Se la frattura del femore è già occorsa, il paziente, spesso anziano, dovrà affrontare una situazione complessa: il percorso riabilitativo non consiste solo nell’aggiustare un osso, compito del chirurgo ortopedico, ma anche nell’affrontare un forte squilibrio nella vita di una persona di età avanzata.

 

 

Come viene gestita la frattura del femore al Presidio Sanitario San Camillo?

È necessario che un’intera squadra si faccia carico del paziente. Bisogna considerare gli aspetti geriatrici internistici, la fragilità scheletrica e il recupero del movimento. L’obiettivo è dunque quello di valutare la persona anziana nel suo complesso.

 

L’approccio multidisciplinare è una strada obbligata, perché non è possibile effettuare un percorso riabilitativo dopo una frattura del femore solamente con un intervento settoriale: è necessario prendere in carico il paziente in maniera complessiva. Anche nel caso in cui l’operazione sia perfettamente riuscita, è possibile che una persona anziana riporti altri problemi di salute che vanno risolti tempestivamente, come un’ulcera da pressione oppure infezioni recidivanti, polmonari o urinarie.

 

Nell'insieme della presa in carico di questi aspetti  è cruciale il ruolo dell'équipe riabilitativa nella figura degli operatori, dal fisioterapista al terapista occupazionale.

 

Le fratture dovute a osteoporosi possono aggravare i deficit cognitivi

Va analizzato ancora un aspetto del quale la nostra struttura si occupa in modo specifico, ovvero la valutazione cognitiva. I deficit cognitivi, anche se preesistenti, possono essere esacerbati da diversi fattori:

  • la frattura
  • l’ospedalizzazione
  • l’anestesia
  • l'ambiente ospedaliero (in quanto naturalmente diverso da quello di casa)
  • il dolore

 

I deficit cognitivi sono spesso un ostacolo che impedisce il recupero completo dell’autonomia.

Riuscire a valutarli tempestivamente è decisivo per poter effettuare un counseling adeguato per la persona e per i suoi familiari, nella prospettiva di un re-inserimento familiare.

 

 

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Come si identifica un linfedema?

2024-07-17
Come si identifica un linfedema?

La diagnosi di linfedema è essenzialmente clinica: il medico linfologo specialista farà un’anamnesi, un esame obiettivo e poi un’eventuale diagnosi di linfedema.

Quali sono gli esami che possono essere prescritti a supporto della diagnosi?

  • Se si tratta di linfedema primario, in quanto malattia ereditaria, si svolgono esami genetici.
  • Se si tratta di linfedema secondario (generalmente dovuto a interventi di chirurgia, molto spesso di tipo oncologico), vengono effettuate TAC e risonanze magnetiche per individuare la sede del tumore primitivo, e un’eventuale costrizione estrinseca del sistema linfatico.

 

 

Infine, si può valutare la possibilità dell’ecodoppler (un esame strumentale di semplice esecuzione e non invasivo che si basa sul principio dell’ecografia) o la linfoscintigrafia (esame diagnostico non invasivo utile per lo studio del sistema linfatico e per la visualizzazione dei linfonodi), nel caso il medico sospettasse dei danni terziari dovuti al linfedema.

 

Vuoi saperne di più? Approfondisci qui: I diversi tipi di linfedema

Vi racconto la mia malattia: i medici e la fede mi hanno salvata

2024-07-12
Vi racconto la mia malattia: i medici e la fede mi hanno salvata

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero de La Stampa

Qual è il ruolo dell’infermiere nel percorso post-ictus?

2024-07-12
Qual è il ruolo dell’infermiere nel percorso post-ictus?

All'interno del percorso riabilitativo che si trova a dover affrontare il paziente con esiti di ictus, il servizio infermieristico si occupa della presa in carico 24 ore su 24 e della continua valutazione delle sue performance nello svolgimento delle attività quotidiane.

 

 

Dove si nota l’importanza dell’azione infermieristica?

È fondamentale ricordare l'importanza del personale infermieristico all'interno del team multidisciplinare, poiché grazie ad una presenza costante, l'infermiere funge da anello di congiunzione tra le varie figure professionali che compongono il team stesso. Inoltre, contribuisce alla definizione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine di ogni singolo paziente e garantisce continuità andando a rinforzare gli input forniti dai terapisti che partecipano al progetto riabilitativo.

 

In secondo luogo vi è il nursing riabilitativo: un’attività che si svolge quotidianamente grazie al supporto dato dagli operatori socio-sanitari, i quali forniscono un'assistenza infermieristica personalizzata.

Il nursing consiste in:

  • valutare le disabilità che l'ictus ha comportato e le abilità residue
  • adattare e contestualizzare l’ambiente in cui si trova il soggetto
  • eseguire interventi volti a prevenire eventuali complicanze
  • attuare strategie alternative per far sì che la persona possa raggiungere la massima autonomia possibile nello svolgimento delle attività di vita quotidiana, per favorire un possibile rientro al proprio domicilio.

 

Infine, la terza area è quella rappresentata dal coinvolgimento del caregiver da parte dell'infermiere e dell’intero team interdisciplinare.

 

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Il linfedema: di cosa si tratta?

2024-03-22
Il linfedema: di cosa si tratta?

Cos’è il linfedema?

Il linfedema è una patologia cronica che purtroppo tende progressivamente ad aggravarsi. 

È dovuta a un disturbo anatomo-funzionale del sistema linfatico che causa un eccessivo accumulo di liquido e quindi un edema che si forma nei tessuti sottocutanei e nella matrice extracellulare; il risultato sarà un evidente aumento di volume dell’area affetta.

Può essere bilaterale o monolaterale, ma generalmente è asimmetrico. Inoltre, il linfedema può colpire diversi distretti, più comunemente gli arti ma anche il collo, il tronco e i genitali.

 

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Il servizio di fisioterapia offre la soluzione adatta a ogni situazione

2024-07-10
Il servizio di fisioterapia offre la soluzione adatta a ogni situazione

La fisioterapia è un ramo della medicina dedicato alla prevenzione, cura e riabilitazione di pazienti con patologie o disfunzioni, sia congenite che acquisite, nei settori muscoloscheletrico, neurologico e viscerale.

Nella nostra struttura pratichiamo vari interventi terapeutici, tra cui terapia fisica, manuale, posturale e neurocognitiva. Nel nostro centro il fisioterapista lavora con competenza e autonomia, operando all'interno di équipe multidisciplinari in collaborazione con altre professioni sanitarie, tra cui ricordiamo il contributo di medici fisiatri, geriatri, neurologi, psicologi, neuropsicologi, logopedisti, terapisti occupazionali e infermieri.

Una delle aree d'eccellenza del Presidio Sanitario è quella della riabilitazione ortopedica e neuromotoria, ovvero un percorso teso al recupero delle funzioni danneggiate a seguito di malattie neurologiche o di infortuni traumatici.

Il Presidio Sanitario San Camillo, in quanto struttura specializzata nella riabilitazione, offre anche la possibilità di effettuare diversi programmi di riabilitazione anche a casa propria in due modalità: seguendo il percorso di teleriabilitazione, oppure accogliendo gli specialisti nel proprio domicilio.

 

Riabilitazione ortopedica e neuromotoria

L'attività è focalizzata sul recupero delle capacità funzionali motorie o neuro-motorie che sono state ridotte o perse a causa di malattie o traumi. È utile anche come trattamento conservativo post-operatorio o in preparazione a un intervento chirurgico. L'obiettivo di questa rieducazione è di raggiungere e mantenere i migliori livelli funzionali possibili nei campi fisico, sensoriale, intellettivo, psicologico e sociale.

La rieducazione mira a:

  • correggere movimenti causati dalla patologia, che generano movimenti spontanei e non guidati.
  • riorganizzare il movimento per renderlo il più efficiente e funzionale possibile.
  • recuperare l'autonomia nelle attività quotidiane.

 

Teleriabilitazione

Un programma innovativo per il mantenimento delle abilità acquisite: un percorso di sedute online con il fisioterapista, la logopedista o la psicologa, presente in collegamento, a guida delle proposte terapeutiche per la massima sicurezza ed efficacia.

 

Riabilitazione domiciliare

Il Presidio Sanitario San Camillo offre riabilitazione domiciliare per patologie neurologiche e ortopediche, con sedute di riabilitazione o logopedia e singole prestazioni di Terapia Occupazionale o Neuropsicologia.

Può l’ictus colpire la capacità di parlare?

2023-10-26
Può l’ictus colpire la capacità di parlare?

Circa il 30% delle persone colpite da ictus potrebbe sviluppare problematiche relative a capacità comunicative.

Il logopedista è il professionista sanitario che si occupa della presa in carico, e quindi della valutazione e del trattamento, delle difficoltà nella comunicazione da parte del paziente. 

 

 

Possiamo distinguere due tipologie di disturbi: 

  • l’afasia: un'alterazione della comprensione o della produzione della parola sia orale sia scritta, con un notevole impatto sulle attività di lettura e scrittura. 
  • la disartria: una difficoltà nell'articolazione delle parole che può compromettere la comprensibilità della produzione verbale del paziente e che può manifestarsi anche con un'alterazione dell'emissione della voce.

Sia per l'afasia che per la disartria possiamo identificare diversi gradi di difficoltà: dal paziente che necessita di un supporto comunicativo come immagini o parole scritte a quello che fatica a ritrovare alcuni concetti durante la conversazione. 

Nella presa in carico logopedica è molto importante considerare anche l'impatto sociale che i disturbi comunicativi possono avere in modo da favorire il prima possibile una reintegrazione del paziente nella vita quotidiana.

 

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Come funziona il percorso riabilitativo a base di onde d’urto focali?

2024-07-08
Come funziona il percorso riabilitativo a base di onde d’urto focali?

Le onde d'urto sono una terapia che utilizza onde acustiche meccaniche generate da appositi dispositivi. Queste onde hanno due effetti principali: si propagano nei tessuti rigenerando quelli danneggiati e producono un effetto antinfiammatorio e antidolorifico.

 

Un tempo utilizzate in medicina solo per la frantumazione dei calcoli renali, le onde d'urto hanno recentemente trovato applicazione anche in Ortopedia e Fisioterapia. Sono impiegate, infatti, da specialisti per trattare varie patologie muscolo-scheletriche, come tendinopatie o stiramenti.

 

Il trattamento con le onde d'urto prevede un ciclo di tre sedute, una volta a settimana. Ogni seduta include una rivalutazione del medico, non soltanto sul recupero funzionale dell'articolazione, ma anche sulla gestione del dolore e su eventuali effetti della precedente sessione. Al termine della seduta di onde d'urto viene sempre consigliato un riposo funzionale di almeno un paio di giorni, per evitare un'eventuale riacutizzazione del dolore.

 

Le onde d'urto sono un anello centrale della catena riabilitativa: il governo medico fisioterapico è fondamentale per seguire il percorso di recupero funzionale e dei tessuti del paziente. Per questo, le tre sedute di onde d'urto prevedono un’immediata rieducazione data da un trattamento manuale ed un esercizio terapeutico calibrato sulla patologia e sulle caratteristiche e del paziente.

 

 

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La riabilitazione del San Camillo è anche online! Ora arriva nelle case dei pazienti

2023-10-16
La riabilitazione del San Camillo è anche online! Ora arriva nelle case dei pazienti

 

Il San Camillo è un ospedale specializzato in Recupero e Rieducazione Funzionale: oggi la teleriabilitazione permette di rispondere alle esigenze del singolo paziente, come per esempio la distanza dalla struttura, l’impossibilità di recarsi in presenza per problemi di salute.

L’obiettivo è proprio quello di limitare al minimo le interruzioni in un percorso riabilitativo dove è fondamentale la continuità del trattamento, si pensi ad una terapia logopedica, fisioterapicaneuropsicologica, oppure psicologica e di garantire la massima assistenza ad ogni paziente.

In questi ultimi anni, questo strumento si è perfezionato per garantire la continuità nel progetto riabilitativo, come testimoniano le esperienze già realizzate durante il lockdown Covid nel progetto di teleriabilitazione fisioterapica in modalità sincrona con i pazienti affetti da malattia di Parkinson.

 

In quali ambiti è possibile attivare la teleriabilitazione? Con quali terapie?

Attualmente il Presidio San Camillo può erogare teleriabilitazione in diversi ambiti: Fisioterapia, Logopedia, Neuropsicologia e Psicologica.
Le modalità terapeutiche sono molteplici e possono essere attivate sulla base di una valutazione di idoneità medica e delle preferenze del paziente.

 

Sto svolgendo il percorso in presenza ma accade un imprevisto: è possibile attivare la teleriabilitazione solo per qualche appuntamento?

Dipende dalla tipologia di trattamento in atto. In alcuni casi sarà possibile svolgere il trattamento previsto in presenza anche in modalità online; in altri invece per la sicurezza del paziente non sarà possibile passare da una modalità all’altra.

 

Come funziona la riabilitazione online, quale piattaforma viene usata?

Vengono utilizzate le più moderne e diffuse piattaforme di comunicazione online, garantendo facilità di accesso e fruizione.

 

Cosa mi serve per eseguire gli esercizi da casa?

La teleriabilitazione proposta si può svolgere a domicilio semplicemente avendo a disposizione una connessione internet e un device (pc, tablet, smart TV, smartphone).

 

A quali categorie di pazienti è più adatta la teleriabilitazione?

È adatta a tutti i pazienti previa valutazione sanitaria. Nel contesto del San Camillo possono accedervi tutti i pazienti con problematiche logopediche, psicologiche, neuropsicologiche e pazienti con malattia di Parkinson con difficoltà motorie.

 

Una riabilitazione online è efficace quanto quella in presenza?

Dipende. In alcune situazioni i risultati sono assolutamente sovrapponibili ai trattamenti in presenza permettendo però di risparmiare tempo e spostamenti.

In altre situazione invece la teleriabilitazione ha obiettivi diversi e si integra con il trattamento in presenza.

Il fine della teleriabilitazione non è quello di sostituire la riabilitazione in presenza ma al contrario di essere complementare al fine di potenziare il trattamento standard o supplire nei periodi in cui non viene svolto in presenza.

Come interviene il terapista occupazionale dopo un ictus?

2024-07-04
Come interviene il terapista occupazionale dopo un ictus?

Il processo riabilitativo per gli esiti di ictus cerebrale è cruciale per consentire al paziente il massimo recupero funzionale delle attività della vita quotidiana: il terapista occupazionale è il professionista specializzato in questo percorso.

 

L’attività si concentra prima di tutto sulla motivazione e sull'autostima del paziente per il ritorno alla piena autonomia nell'ambito della gestione delle attività di tutti i giorni.

 

 

Gli strumenti utilizzati per la riabilitazione sono molteplici e variano in base alle esigenze del paziente.

In una prima fase post-ictus, è necessario lavorare per il recupero della funzione lesa.

Un ampio spazio viene per esempio dedicato alla rieducazione di prensione e manipolazione, cioè al recupero dell'uso funzionale dell'arto superiore: braccio e mano, infatti, sono indispensabili per gestire la quasi totalità delle azioni pratiche.

 

In una seconda fase, se permangono delle limitazioni di carattere motorio e cognitivo, il terapista occupazionale propone strategie facilitanti, metodi compensativi e adattamenti ambientali. Talvolta capita che si debba insegnare al paziente a vestirsi, lavarsi o addirittura cucinare con una mano sola.

 

In alcuni casi è necessario adattare il domicilio del paziente con ausili di vario tipo: 

  • maniglioni o corrimano nei punti strategici della casa
  • seggiolini all'interno del box doccia
  • sostegni sulla vasca da bagno per facilitare il movimento in autonomia e sicurezza.

 

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Quali sono gli effetti dello stress?

2024-07-02
Quali sono gli effetti dello stress?

Quando si è sotto stress può essere importante un supporto psicologico poiché la reazione coinvolge il corpo, la mente e le emozioni. Il nostro fisico si adatta per rispondere alla situazione, indipendentemente dalla sua origine: la tensione muscolare aumenta, il respiro accelera e il battito cardiaco diventa più frequente. Si tratta di cambiamenti che si possono percepire facilmente e che sono misurabili. La reazione emotiva allo stress, inoltre, può farci sentire più agitati o più ansiosi.

 

 

Quali sono le conseguenze dell’ansia?

Se lo stato d’ansia diventa elevato o è prolungato nel tempo, può interferire con il funzionamento cognitivo. In particolare, può rendere deconcentrati e distratti, abbassando il livello di attenzione proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno, impedendo di focalizzare il pensiero sulla prova che dobbiamo affrontare.

 

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Giornata nazionale per la prevenzione e la cura dell’incontinenza

2024-06-28
Giornata nazionale per la prevenzione e la cura dell’incontinenza

L’incontinenza è un disturbo caratterizzato dalla perdita involontaria di urine o feci, un problema che può colpire persone di tutte le età e che comporta non solo disagio fisico ma anche impatti psicologici significativi, limitando la qualità della vita e le attività quotidiane. Da molti anni il Centro Fisiatrico di Secondo Livello del Presidio Sanitario San Camillo è impegnato nell’affrontare prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenza.

 

L’incontinenza è un problema molto diffuso

Si ritiene che gli italiani che ne soffrono siano fra i 4 milioni e 5 milioni, una stima incerta che dipende dal grande imbarazzo che provano le persone che hanno questa problematica e che spesso non ne approfondiscono le ragioni, precludendosi la possibilità di trovare una soluzione, a volte più semplice di quanto immaginano.

Per combattere quello che è un vero e proprio stigma sociale, oltre alla costante attività divulgativa dei medici è necessario immaginare estese attività di sensibilizzazione. Proprio per questo è stata istituita nel 2006 una “giornata nazionale” dedicata a questo tema con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Chi colpisce l’incontinenza urinaria?

L’incontinenza urinaria è più comune tra le donne, spesso in seguito a gravidanza, parto o menopausa, ma colpisce anche gli uomini in seguito a patologie prostatiche, mentre quella fecale può derivare da condizioni come lesioni del pavimento pelvico, malattie neurologiche o interventi chirurgici. Tali disturbi, se affrontati precocemente, sono risolvibili o comunque limitabili nella maggior parte dei casi.

 

Come funziona il Centro per l’incontinenza del Presidio San Camillo di Torino?

Il nostro centro, guidato da due medici fisiatri e da un team di fisioterapisti, integrato da un servizio infermieristico, si occupa della terapia conservativa e riabilitativa delle problematiche disfunzionali del pavimento pelvico. Dalla visita medica specialistica scaturisce il progetto riabilitativo individuale, che viene messo in atto dal terapista dedicato attraverso una serie di processi e procedure quali l’addestramento al training muscolare del pavimento pelvico, coadiuvato eventualmente da strumenti quali l’elettrostimolazione funzionale e il biofeedback, la SANS (stimolazione del nervo tibiale posteriore), la terapia comportamentale o bladder re-training, il counselling e la prescrizione di ausili. 

 

A Torino, un importante incontro per fare il punto sull’incontinenza

In questo contesto, il Presidio Sanitario San Camillo di Torino si distingue per il livello di eccellenza nell'ambito del trattamento delle incontinenze e nella riabilitazione del pavimento pelvico. All’inizio del mese il Presidio ha ospitato il Congresso “Incontinenza urinaria femminile e maschile: opzioni terapeutiche e percorsi di cura”, un aggiornamento del know-how scientifico sul tema per esaminare le attuali conoscenze dei meccanismi fisiopatologici e le principali e più attuali strategie terapeutiche, a partire dal trattamento conservativo sino alle opzioni chirurgiche, condividendo le ultime ricerche nel campo della riabilitazione pelvica. I partecipanti hanno avuto l'opportunità di discutere delle nuove tecniche e delle migliori pratiche per il trattamento dell'incontinenza, offrendo spunti preziosi per migliorare ulteriormente l'assistenza ai pazienti.

 

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Problemi di memoria: quando è necessaria una valutazione neuropsicologica?

2024-06-26
Problemi di memoria: quando è necessaria una valutazione neuropsicologica?

I primi segnali di perdita di memoria possono causare ansia e preoccupazione: è naturale che il paziente abbia dubbi sull'eventuale insorgenza di una patologia.

 

La valutazione neuropsicologica consente di individuare l’origine, la tipologia e l'entità dei sintomi, fornendo una prima chiara diagnosi.

In caso di riscontro oggettivo di un quadro patologico, si potrà pianificare un tempestivo trattamento riabilitativo finalizzato a contenere i sintomi e a ridurne l'interferenza con il normale svolgimento delle attività quotidiane del paziente.

Lo specialista può inoltre suggerire strategie efficaci per l'apprendimento di tecniche di compensazione delle capacità indebolite.

 

 

Il profilo cognitivo del paziente redatto dal neuropsicologo consente anche di monitorare l'andamento della sintomatologia nel tempo, verificando l'efficacia del trattamento riabilitativo e monitorando la traiettoria di sviluppo di un'eventuale patologia degenerativa.

 

 

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Chi soffre di osteoporosi è più facilmente soggetto a fratture

2024-06-17
Chi soffre di osteoporosi è più facilmente soggetto a fratture

L'osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, cioè che colpisce tutte le ossa dello scheletro. Gli anziani affetti da questa patologia rischiano gravi fratture in caso di cadute: qualche sede si frattura più facilmente di altre, ma, salvo quelle poche eccezioni, chi soffre di questa patologia è comunque a rischio. 

 

L'ambiente di vita delle persone anziane può essere pieno di potenziali pericoli, per questo è necessaria una particolare attenzione nell’organizzazione degli spazi e dei percorsi nelle loro abitazioni. Per fare un esempio: il soggetto che si alza di notte per andare in bagno, può rischiare, complice la scarsa illuminazione, di cadere a causa di una piastrella sconnessa, un cavo telefonico non fissato, una ciotola dell’animale domestico.

 

Cosa consigliamo per prevenire cadute e fratture al Presidio Sanitario San Camillo?

Il terapista occupazionale può suggerire piccoli interventi e cautele da adottare nelle attività quotidiane per prevenire il rischio di cadute e incidenti. Sono consigli utili, spesso banali, che comportano interventi minimi e favoriscono i movimenti in casa in sicurezza. Naturalmente non è facile convincere chi ha una certa età a modificare i propri spazi soprattutto se non c’è consapevolezza dei pericoli.

 

Al Presidio Sanitario San Camillo è di routine un colloquio con le persone anziane ricoverate per fratture volto a segnalare e prevenire i rischi di cadute future nell’ambiente domestico. 

 

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Quali sono i fattori di rischio per l’osteoporosi?

2023-10-17
Quali sono i fattori di rischio per l’osteoporosi?

La familiarità è un fattore di rischio nell’osteoporosi?

La domanda sui fattori di rischio nell’osteoporosi è molto importante perché anche se è vero che il dato della densità media è rilevante, ci sono altri elementi di rischio clinici che a volte vengono trascurati. Per esempio, una cosa che si considera poco è la familiarità: avere un genitore che si è rotto il femore a seguito di una banale caduta segnala un rischio doppio di avere delle fratture da fragilità. La familiarità, quindi, è un fattore di rischio che gioca un ruolo molto potente.

La menopausa incide sull’osteoporosi?

Certamente può incidere una menopausa precoce, e in generale un periodo di vita fertile ridotto, intendendo per periodo fertile l’intervallo che va dal menarca (prima mestruazione) e menopausa.

Quali altri fattori di rischio vanno valutati per l’osteoporosi?

Un altro fattore di rischio è il peso corporeo se particolarmente basso: le persone molto magre sono a rischio di osteoporosi. Si è capito peraltro negli ultimi anni che anche le persone obese, contrariamente a quanto si poteva pensare, sono a rischio di fratture. In questo caso diventa chiaro come la densità ossea non sia esaustiva: nelle persone obese la densità ossea è buona e questo ci portava a pensare che avessero un basso rischio di fratture; ma non è così, perché la qualità dell'osso nelle persone obese è peggiore anche in presenza di buoni livelli di densità ossea. Per loro, come per chi soffre di diabete o chi è trattato con cortisonici, c'è un rischio aumentato di fratture: moltissime malattie, infatti, così come molti farmaci, determinano fragilità scheletrica.

Lo stile di vita può fare la differenza nell’insorgere dell’osteoporosi?

Tra i fattori di rischio clinici che ci consentono di individuare i soggetti a maggior rischio, troviamo l’inattività o la scarsa attività fisica, lo ridotto introito di calcio, il fumo di tabacco, l’eccesso di bevande alcoliche. Questi sono tutti fattori correggibili: le cattive abitudini vanno a pesare sull'integrità dello scheletro, come su altri aspetti della salute.

Dottor Marco Di Monaco
Specialista in Medicina fisica e riabilitazione, specialista in Endocrinologia e Malattie del ricambio

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Ci sono fratture più frequenti con l’osteoporosi?

2023-12-20
Ci sono fratture più frequenti con l’osteoporosi?

L'osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, cioè che colpisce tutte le ossa dello scheletro. Qualche sede si frattura più facilmente di altre, ma salvo quelle poche eccezioni, non possiamo stare tranquilli quando il soggetto soffre di questa patologia.
 

La quasi totalità delle fratture in età avanzata, infatti, è collegata a una situazione di fragilità scheletrica: parliamo di rottura di bacino, di coste, di tibia, di perone, di scapola, di omero. Nei casi di osteoporosi ci sono alcune sedi che più classicamente vanno incontro a un rischio di frattura, per citarne tre:

  • il femore prossimale
  • le vertebre 
  • il polso

Se si esclude quella alle dita delle mani e dei piedi e quella del cranio, quindi, tutte le altre lesioni possono avere un legame con la fragilità ossea.

 

Dottor Marco Di Monaco
Specialista in Medicina fisica e riabilitazione, specialista in Endocrinologia e Malattie del ricambio

 

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Quando fare la prima densitometria ossea?

2023-03-07
Quando fare la prima densitometria ossea?

Una domanda molto comune che viene fatta ai medici è: quando conviene fare la prima densitometria ossea?

Da linee guida nazionali e internazionali si consiglia, per i pazienti che non hanno fattori di rischio relativi alla fragilità scheletrica, di farla a 65 anni nel caso delle donne e 70 nel caso degli uomini.

Queste età si riducono se ci sono dei fattori di rischio, qualche esempio?

• se c'è la familiarità

• se c'è un peso corporeo particolarmente basso

• se c'è una malattia, causa di osteoporosi secondaria

• Se c'è un trattamento con farmaci che compromettono lo scheletro

In genere per le donne che hanno fattori di rischio si consiglia di anticipare la prima densitometria all’età della menopausa.

 

Dottor Marco Di Monaco
Specialista in Medicina fisica e riabilitazione, specialista in Endocrinologia e Malattie del ricambio

 

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Quali sono i sintomi dell’incontinenza urinaria?

2024-05-20
Quali sono i sintomi dell’incontinenza urinaria?

Non esistono dei veri e propri sintomi premonitori dell'incontinenza urinaria: tale disturbo si manifesta con l’improvvisa perdita di urina non gestita dal soggetto, in occasione di sforzi o di urgenza minzionale. Ci possono essere delle condizioni patologiche associate all'incontinenza urinaria, che devono essere prese in considerazione durante la visita medica e l'anamnesi del paziente.

 

 

Quali possono essere le patologie associate all’incontinenza urinaria?

  • Il prolasso degli organi pelvici, che sia vescicale o rettale.
  • Bruciori legati a disturbi irritativi della minzione, che portano ad avere difficoltà a svuotare correttamente la vescica.
  • Problematiche infettive delle vie urinarie che potrebbero sottendere un iniziale problema di continenza vescicale-sfinterica.

 

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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