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Come incide lo stress sulla sfera emotiva, relazionale e sessuale?
Lo stress incide in modo importante sulla sfera sessuale, inibendo la produzione di una serie di ormoni legati al desiderio sessuale e alla fase di eccitazione. Questo può portare una persona stressata a provare meno voglia di avere rapporti con il proprio partner, influenzando negativamente l’intimità.
Lo stress nella dinamica di coppia
Quando una persona è stressata, la tensione che vive può essere portata all’interno della relazione, manifestandosi attraverso:
• maggiore aggressività, attraverso comportamenti che creano distanza emotiva;
• clima di allarme e paura, con la condivisione di emozioni che aumentano la tensione nella coppia.
Queste dinamiche possono compromettere il funzionamento della relazione, portando a difficoltà nella comunicazione e a una riduzione della complicità.
Spettro autistico: il corso di parent training del nostro Presidio
Il parent training per i genitori con figli nello spettro autistico rappresenta un programma educativo e di supporto che mira a fornire le competenze e le strategie necessarie per gestire efficacemente le sfide quotidiane legate all'autismo.
Questo tipo di formazione è fondamentale perché aiuta a migliorare la comunicazione tra genitori e figli, ad aprire dei canali relazionali e a promuovere lo sviluppo delle abilità sociali e di autoregolazione del bambino.
Le attività proposte all’interno dei percorsi di parent training includono:
- sessioni informative su tematiche fondamentali, come le tecniche di comunicazione, la comprensione dei bisogni sensoriali ed emotivi del bambino e le strategie di intervento comportamentale;
- incontri con altri genitori che affrontano sfide simili, utilissimi per condividere esperienze e consigli, offrendo e ricevendo un decisivo supporto emotivo.
L'utilità di queste attività risiede non solo nel fornire strumenti pratici ai genitori, ma anche nel rafforzare il loro benessere psicologico, aumentando così la loro capacità di offrire un ambiente di crescita positivo e stimolante per il proprio figlio.
Il corso
Il percorso si articola in quattro moduli, che inizieranno lunedì 27 gennaio per terminare lunedì 23 giugno 2025.
A partire dal primo incontro i genitori, sotto la guida di professionisti sanitari esperti, potranno esplorare nei primi due moduli le varie dimensioni della mente autistica, addentrandosi in ogni aspetto della vita di questa neurodivergenza, dall’inquadramento diagnostico agli aspetti legali, indagandone poi le modalità ludiche e comunicative. Fino a lunedì 20 gennaio è possibile acquistare i primi due moduli del corso a un prezzo scontato di 360€.
La seconda parte del corso, che prevede il modulo tre e quattro, si occuperà di fornire ai genitori una serie di strumenti volti ad attuare strategie educative per creare un ponte comunicativo efficace con i propri figli. Vediamo nel dettaglio ogni modulo.
Modulo uno
Modulo due
Modulo tre
Modulo quattro
Si può parlare di stress cronico?
Lo stress è una risposta naturale che ci consente di affrontare eventi specifici, come un esame o una competizione sportiva, preparandoci al meglio e garantendo il massimo dell’efficienza in quei momenti critici.
Come funziona il sistema dello stress?
Quando affrontiamo una situazione stressante, il nostro corpo entra in uno stato di preparazione, accumulando energia per reagire prontamente. Questo processo è normale e benefico nel breve termine: una volta superato l’evento stressante, il corpo richiede un periodo di recupero per ristabilire l’equilibrio e reintegrare l’energia spesa.
Tuttavia, se le situazioni stressanti si susseguono senza concedere al corpo il tempo necessario per recuperare, o se lo stato di attivazione si protrae nel tempo, il sistema dello stress può iniziare a deregolarsi.
Quando il sistema dello stress smette di funzionare correttamente
In condizioni di stress prolungato o ripetuto, il nostro organismo perde la capacità di distinguere tra situazioni che richiedono una reazione attiva e quelle che non lo fanno. Questo porta a una attivazione cronica del sistema dello stress, che non dipende più dagli eventi esterni, ma diventa una risposta interna automatica e costante.
A lungo andare, questa disfunzione può portare a:
- ansia generalizzata, ovvero uno stato di preoccupazione persistente, spesso non legato a situazioni specifiche;
- affaticamento cronico, quando il corpo non riesce più a recuperare efficacemente l’energia, lasciando una sensazione di esaurimento costante.
- riduzione della resilienza, quando si diventa meno capaci di affrontare nuove situazioni stressanti.
Lo stress e i disturbi psicologici: quando il carico diventa insostenibile
Lo stress può portare a disturbi psicologici. Quando il sistema non funziona più con efficacia, ovvero quando è sottoposto a un sovraccarico di stimoli e non riesce più a rispondere alle richieste ambientali, diventate troppo pressanti, si possono sviluppare disturbi psicologici. Il primo di questi è l'ansia, che rappresenta una risposta di regolazione del sistema dello stress.
La persona percepisce, a livello corporeo, uno stato di attivazione e agitazione, che non è più focalizzato su un problema specifico da affrontare. In queste situazioni, oltre al disturbo d'ansia, possono svilupparsi attacchi di panico, risposte di rabbia incontrollata o veri e propri episodi depressivi.
Ansia, panico e rabbia: le manifestazioni estreme dello stress cronico
Il nostro organismo è strutturato per provare stress per periodi di tempo limitati. Un prolungato funzionamento del sistema dello stress può comportare non solo conseguenze sul nostro stato psicologico, ma anche un'alterazione a livello corporeo, interferendo e intaccando la nostra salute. È importante tenere conto che, quando siamo sotto stress, il nostro sistema immunitario lavora meno, in un'ottica di efficienza energetica.
Può essere importante un supporto psicologico poiché la reazione coinvolge il corpo, la mente e le emozioni. Il nostro fisico si adatta per rispondere alla situazione, indipendentemente dalla sua origine: la tensione muscolare aumenta, il respiro accelera e il battito cardiaco diventa più frequente. Si tratta di cambiamenti che si possono percepire facilmente e che sono misurabili. La reazione emotiva allo stress, inoltre, può farci sentire più agitati o più ansiosi.
“Corso di alta formazione in Neuropsicologia dell'Età Evolutiva e Disturbi del Neurosviluppo: dalla teoria alla pratica clinica”
illustrazione di Valeria Tomasi
Presentazione del corso
In tempi relativamente recenti, contestualmente all’evoluzione esplosiva delle conoscenze in ambito neuroscientifico, è stato possibile osservare un progressivo movimento di affermazione delle discipline che studiano la neuropsicologia dell’età evolutiva in quanto corpo dottrinale autonomo rispetto ai più numerosi e affermati studi che riguardano il mondo dell’adulto e dell’anziano.
Di conseguenza, a fronte di un sapere sempre più raffinato e concreto, è particolarmente avvertita l’esigenza di contestualizzare le conoscenze in ambito clinico, riguardanti sia gli aspetti diagnostici sia quelli attinenti alle possibilità di recupero, rappresentate soprattutto dalle tecniche riabilitative. In tale ottica nasce il “Corso di Alta Formazione in Neuropsicologia dell’Età Evolutiva e Disturbi del Neurosviluppo” che individua il proprio principale obiettivo nell’offrire conoscenze e suggerimenti finalizzati alla pratica clinica per una presa in carico integrata del minore.
La scelta di destinare, e pertanto limitare, la proposta formativa a Medici e Psicologi si giustifica sulla base di un’esigenza di individuare il focus nel management clinico, includendo sia aspetti inerenti alla formulazione diagnostica ed alla progettualità terapeutica, sia aree relative alla gestione di immancabili criticità familiari, scolastiche e socio-ambientali. Il Corso è dunque stato pensato come un percorso formativo multidisciplinare integrato tenendo conto del funzionamento neuropsicologico in età evolutiva e delle possibili manifestazioni di disturbo e psicopatologia.
La scelta dei docenti è stata altresì pensata per un ampio confronto fra i vari ambiti della neuropsicologia dell’età evolutiva e dunque poter integrare ricerca scientifica, intervento clinico ed aspetti sociali e normativi.
Programma
10 moduli, 120 ore di lezioni frontali, strumenti diagnostici e pratica operativa con materiale audiovisivo e attività laboratoriali; attività di supervisione casi sia in individuale che di gruppo, anche online. Si prevede un bonus di un’ora di supervisione su un caso clinico da concordare anche successivamente alla chiusura del Corso. La direzione si riserva di apportare eventuali variazioni relative a docenti e date.
Obiettivi formativi
Fornire una conoscenza clinica e scientifica integrata di tipo neurocognitivo e psicosociale solida ed ampia, che permetta il corretto utilizzo di strumenti nell’area dell’Età Evolutiva e dei Disturbi del Neurosviluppo. L’insegnamento di una presa in carico completa dei bambini, adolescenti e del loro sistema familiare e sociale: dal riconoscimento delle difficoltà alla valutazione (attraverso l’utilizzo di strumenti specifici) al fine di pianificare un intervento abilitativo-riabilitativo integrato.
ECM
È stato richiesto l’accreditamento di 50 crediti ECM per il 2020 e 50 per il 2021 per Medici e Psicologi. L’attestato ECM sarà rilasciato solo ed esclusivamente ai partecipanti che avranno superato il questionario di apprendimento e che avranno raggiunto la soglia minima di partecipazione (90% di frequenza).
Responsabile scientifico
dott.ssa Patrizia Gindri
Progettista del Corso (Direttori Didattici)
dott.sse Manuela Rogina e Patrizia Gindri
I docenti del Corso sono costantemente affiancati dal Direttore Scientifico e/o Didattico del Corso con la funzione di coordinare e monitorare i partecipanti nell’apprendimento dei contenuti dei singoli moduli.
Docenti
Maurizio Arduino
Psicologo Dirigente in ruolo nel Servizio Sanitario Nazionale. Psicologo Dirigente, Responsabile Coordinamento Attività sull’autismo ASL 15, 16 e 17 Regione Piemonte. Coordinatore attività per l’autismo presso l’ASL CN1 di Mondovì. Condirettore della rivista “Autismo e Disturbi dello sviluppo”. Fa parte del gruppo di lavoro istituito dalla Regione Piemonte per l’autismo. Membro del comitato scientifico di ANGSA, di Autismo Italia e del Progetto Autismo PRIA della Regione Emilia Romagna. È Professore per l’insegnamento “Handicap e Riabilitazione” presso la Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università di Torino.
Cesare Cornoldi
Professore Ordinario di Psicologia dell’Apprendimento professore di Psicologia Generale presso la facoltà di Padova. Responsabile del laboratorio di memorie di apprendimento del dipartimento di Psicologia dell'Ateneo, dirige progetti di ricerca sperimentale nell'ambito della Psicologia Cognitiva. Presidente AIRIPA.
Chiara Davico
Medico Chirurgo specialista in Neuropsichiatria Infantile, Ricercatrice (a tempo determinato) presso Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica. Docente presso Corso di Laurea in terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva di Torino.
Chiara Gagliardi
Neuropsichiatria Infantile e Psicoterapeuta Età Evolutiva, svolge attività clinica, riabilitativa e di ricerca in ambito neurocognitivo e neuroriabilitativo, con particolare interesse per i disturbi dello sviluppo cognitivo e dell’apprendimento non verbali e ai quadri di disabilità neuromotoria e sindromici. Responsabile di attività di formazione in team anche multi professionali anche con accreditamento DSA. Docente in corsi universitari, Master di I e II livello sui Disturbi dell’Apprendimento e i Disturbi di Sviluppo. Svolge attività di progettazione e realizzazione di servizi integrati in ambito socio-sanitario. Autrice di pubblicazioni di livello internazionale su riviste indicizzate e di capitoli di libri.
Marina Gandione
Neuropsichiatra Infantile. Docente presso il Dipartimento di Scienze pediatriche e dell’Adolescenza e Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università degli Studi di Torino. Ex Responsabile della Sezione Piccoli del reparto di degenza della sezione di Neuropsichiatria infantile presso il Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell’Adolescenza dell’Università degli Studi di Torino dove era coordinatrice del gruppo di lavoro per la diagnosi dei Disturbi dello Spettro dell’Autismo e del gruppo di lavoro per i Disturbi Alimentari su base non organica nei pazienti preadolescenti ed i relativi ambulatori.
Geninatti Neni Giovanni
Neuropsichiatra Infantile. Ex Responsabile dell’unità operativa territoriale specializzata per la “diagnosi e presa in carico dei disturbi pervasivi dello sviluppo” dell’ASL TO 1. Consulente Neuropsichiatra presso il Presidio Sanitario San Camillo.
Marco Gilardone
Specialista in Foniatria e Audiologia. Professore a contratto, Corso di laurea in Logopedia, Università degli Studi di Milano. Responsabile del Servizio di Foniatria, Audiologia, Dipartimento di Scienze Riabilitative, Casa di Cura del Policlinico di Milano. Consulente CPL Rivoli.
Patrizia Gindri
Psicologa-psicoterapeuta. Responsabile del Servizio di Psicologia del Presidio Sanitario San Camillo di Torino. Docente a contratto del Dipartimento di Psicologia. Docente del Master Universitario “Autismi “. Docente presso la Scuola di Specializzazione di Psicologia della Salute e nella Scuola di Specializzazione in Neuropsicologia.
Daniela Lucangeli
Professore ordinario di psicologia dello sviluppo presso l’Università di Padova. Presidente dell’Associazione per il Coordinamento Nazionale degli Insegnanti Specializzati (CNIS) e membro di numerose associazioni di ricerca nazionale e internazionale (IARLD, AIRIPA, AIP-Sviluppo). Componente Comitato Scientifico European Agency for Development in Special Needs Education. Componente del Comitato Tecnico Scientifico, presso il Ministero della Pubblica Istruzione, che ha elaborato la Legge 170/2010 “Norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. Dipartimento di Psicologia UNIPD. Presidente nazionale CNIS.
Luigi Marotta
Logopedista e formatore presso l’IRCSS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Santa Marinella. Vicepresidente dell’Associazione Scientifica Italiana Logopedisti. Direttore del Master di Logopedia clinica in età evolutiva dell’Università LUMSA di Roma. Direttore della rivista «Logopedia e Comunicazione» e della Collana Logopedia in Età Evolutiva. Docente Accademia di Neurosviluppo, Parma. Membro della I Consensus Conference Nazionale 2018 Federazione Logopedisti Italiani e CLASTA per le “Linee Guida sui Disturbi Evolutivi Specifici di Linguaggio”.
Simona Moschini
Psicologa-Psicoterapeuta. Collaboratrice e docente presso l’Università di Torino per la Facoltà di infermieristica, consulente tecnico d’ufficio (C.T.U) per il Tribunale di Torino e CTP, psicologa convenzionata in qualità di esperto ex art.80 per l’osservazione scientifica della personalità, del trattamento e dei “nuovi giunti” per il Ministero di Grazia e Giustizia, docente per Enti di formazione. Operatrice sociale esperta rationae in ambito delle Commissioni Medico- Legali dell’INPS. Consulente CPL Rivoli.
Raffaella Fiorella
Neuropsichiatra Infantile ASL Città di Torino. Docente universitaria a contratto presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Torino. Attività come medico dirigente dal 2010 al 2016 presso il “Centro di riferimento per la cura e la diagnosi ADHD” presso il Servizio NPI dell’Ospedale di Savigliano.
Manuela Rogina
Psicologa Psicoterapeuta esperta in Neuropsicologia dell’Età Evolutiva. Socio fondatore e responsabile CPL Rivoli. Conduce numerose attività di formazione sui DSA rivolte a insegnanti e clinici. Membro del Gruppo di Lavoro dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte DSA e BES.
Barbara Sini
Ricercatrice Universitaria presso Dipartimento di Psicologia di Torino. Psicoterapeuta analista SIPI. Socia fondatrice di Ludis S.r.l, spin-off accademico per la ricerca e interventi sui disturbi dell'apprendimento.
Danila Siravegna
Tnpee. Coordinatrice Servizio di Riabilitazione NPI Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Regina Margherita. Tutor e Docente presso Corsi di Laurea Triennali per le discipline inerenti la Riabilitazione Psicomotoria in età evolutiva. Esperta nella valutazione e nel trattamento delle principali patologie del neurosviluppo, in particolare dei Disturbi della Coordinazione Motoria, nell’area prassica, visuo-percettiva e visuo-spaziale, e della loro correlazione con le problematiche dell’apprendimento e dello sviluppo neuropsichico.
Luogo
Presidio Sanitario San Camillo Strada S. Margherita, 136 Torino
Periodo del corso: MARZO 2020 – APRILE 2021
Orari: al venerdì pomeriggio (parte teorica) 13-18
e tutta la giornata del sabato (strumenti 9-13 e metodologia di intervento 14-18).
OPEN DAY: 9 settembre 2019 presso il Presidio Sanitario San Camillo dalle 21 alle 22:30,
previa prenotazione tramite e-mail (patrizia.gindri@camilliani.net e manuela.rogina@libero.it)
Modalità d’iscrizione
È prevista una valutazione delle candidature attraverso l’analisi dei CV per l’ammissione al Corso. La quota di iscrizione è pari a euro 2400 (iva compresa) da versare anche in tre rate (1000 euro prima rata, 700 euro seconda e terza rata). È prevista una riduzione a 2200 euro (iva compresa) per gli iscritti che formalizzeranno l’iscrizione entro il 15/01/2020, per gli ex tirocinanti del San Camillo da versare anche in tre rate (1000 euro prima rata, 600 euro seconda e terza rata).
Segreteria organizzativa
Giorgina Giolito e Alessia Donati (Presidio Sanitario S. Camillo).
Pagamento attraverso bonifico bancario Fondazione Opera San Camillo BANCA PROSSIMA S. P. A. IBAN IT72V0335901600100000073035.
Inviare la scheda d’iscrizione all’indirizzo: segreteria.formazione.torino@camilliani.net
La neuropsicomotricità al San Camillo: intervista alla dottoressa Tnpee Maddalena Costamagna
Presso il nostro Ospedale Specializzato è attivo il servizio di Neuropsicomotricità dove ci occupiamo dei disturbi del Neurosviluppo nei soggetti in età evolutiva. Dopo la diagnosi da parte della NPI di riferimento, il San Camillo prende in carico in regime ambulatoriale, privatamente, i pazienti affetti dai disturbi del Neurosviluppo.
Ma quali patologie tratta e quando è utile rivolgersi ad uno specialista? La dottoressa Tnpee Maddalena Costamagna in questa intervista ci spiega l’importanza di un intervento precoce in caso di disarmonie, disturbi o ritardi nel percorso di sviluppo dei bambini.
Di cosa si occupa la Neuropsicomotricità e chi è il TNPEE?
Il Terapista della Neuropsicomotricità dell’Età Evolutiva (o TNPEE) è il Professionista Sanitario dell’Area della Riabilitazione che, riconosciuto con Decreto Ministeriale 5/1997, svolge attività di abilitazione, di riabilitazione e di prevenzione rivolte alle disabilità in età evolutiva, ovvero nella fascia di età 0-18 anni.
Il TNPEE partecipa all’intero processo di presa in carico dei pazienti in età evolutiva che presentano disordini dello sviluppo, in collaborazione con la rete di professionisti che si occupa del paziente.
La neuropsicomotricità ha quindi molteplici obiettivi generali: sostenere l’integrazione delle funzioni motorie-percettive, sviluppare le potenzialità presenti e aumentare il senso di efficacia e di autostima, sollecitando i processi di riorganizzazione funzionale e supportando i processi evolutivi del bambino, integrando le componenti emotive, intellettive e corporee attraverso l’azione e l’interazione.
Si rivela utile nel sostenere il percorso di sviluppo dei bambini nei quali si osservino delle disarmonie in alcuni degli ambiti relativi allo sviluppo motorio, sensoriale, emotivo, del linguaggio e della comunicazione, dell’attenzione e degli apprendimenti scolastici (in età scolare).
Quindi quali disturbi evolutivi dello sviluppo o disabilità infantili tratta?
All’interno del nostro Servizio, la figura del Tnpee interviene nei seguenti ambiti:
- ritardo psicomotorio (Disturbo Evolutivo Specifico Misto) nei bambini fino ai 3 anni
- disturbo specifico della funzione motoria (disprassia e disturbi della coordinazione)
- disturbi specifici dell’apprendimento (in particolare disgrafia)
- disturbi non specifici legati ad altri disturbi del neurosviluppo (ADHD, Disabilità Intellettiva, Funzionamento Intellettivo Limite, Disturbi dello Spettro Autistico,..)
A che età si consiglia di rivolgersi ad uno specialista e in quali occasioni?
La letteratura medica sottolinea l’importanza di un intervento precoce, perciò si consiglia di rivolgersi ad uno specialista il più presto possibile, nei primi anni di sviluppo del bambino, laddove si osservino disarmonie rispetto a quanto atteso per l’età (ritardo nella comparsa della deambulazione autonoma, ritardo nella comparsa del linguaggio, difficoltà a livello emotivo-relazionale,..).
Per quanto riguarda invece i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, la diagnosi non può essere fatta prima della conclusione della seconda classe di Scuola Primaria: tuttavia, la presa in carico può avvenire anche precedentemente, in caso di segnalazione di difficoltà.
Come si struttura un intervento di neuropsicomotricità?
L’intervento neuropsicomotorio, così come gli altri interventi previsti nella presa in carico globale di un bambino con disturbo del neurosviluppo, prevede innanzitutto un invio da parte di un medico che ritiene necessario un approfondimento ed una possibile presa in carico (Neuropsichiatra Infantile, Pediatra, Fisiatra).
Dopodiché, l’intervento prevede una valutazione iniziale e la successiva stesura di un progetto riabilitativo per obiettivi. La valutazione può essere svolta attraverso testistica specifica e attraverso osservazioni informali del bambino.
Sulla base di ciò che è emerso dalla valutazione, unito alle esigenze riportate dalla famiglia e dalla rete del bambino, si definiscono, dunque, gli obiettivi prioritari dell’intervento. Questo può essere individuale o in piccolo gruppo, a seconda di quali sono gli obiettivi riabilitativi.
Psicomotricità e autismo, come e quando trattarlo?
L’intervento neuropsicomotorio risulta utile nei primissimi anni dalla diagnosi di autismo, in quanto attraverso la terapia psicomotoria (con strumenti prioritari quali il gioco e la relazione) si supporta lo sviluppo dell’intersoggettività, intesa come base fondante dello sviluppo emotivo-relazionale del bambino, fulcro delle difficoltà legate ai disturbi dello spettro autistico. L’intervento neuropsicomotorio in questo ambito si colloca all’interno di un’intervento multidisciplinare e si basa su metodologie e strategie specifiche validate scientificamente e riscontrabili nella letteratura medica.
Lo specialista di neuropsicomotricità interviene insieme ad altre figure mediche?
Il terapista della neuropsicomotricità lavora sempre in sinergia con l’equipe multidisciplinare che si occupa del bambino/ragazzo, al fine di lavorare su obiettivi comuni e concordati, in un’ottica biopsicosociale che promuova il benessere generale del paziente e del suo nucleo familiare. Le principali figure coinvolte sono il medico inviante, logopedista ed eventualmente educatore e psicologo/a, a seconda di qual è la rete che segue già il bambino.
Che importanza riveste il gioco nella riabilitazione neuropsicomotoria dei bambini?
Il gioco ha un ruolo centrale nello sviluppo del bambino, in quanto rappresenta lo strumento attraverso il quale il bambino interagisce con l’ambiente, con gli oggetti e con gli altri, e attraverso cui prende consapevolezza di sé e della sua capacità di agire; inoltre rappresenta una forte motivazione per il bambino. Per questo il Tnpee propone attività di tipo riabilitativo sotto forma di gioco, come strumento attraverso cui sviluppare e potenziare lo sviluppo linguistico e gestuale, le competenze motorie, le capacità imitative, relazionali e cognitive.
Il San Camillo e l’impegno con i disturbi dello spettro autistico
Come è strutturato il servizio del San Camillo legato all’autismo?
Noi ci iscriviamo all'interno del Servizio Sanitario Nazionale con l'invio da parte delle referenti della Neuropsichiatria infantile.
I ragazzi accedono al nostro servizio dopo l'età dei sei anni per una convenzione che si è definita a livello regionale, giungono soprattutto dall'area cittadina e dell'area limitrofe della città metropolitana di Torino, per la facilità nella comunicazione e a livello logistico.
Si fermano da noi per un intervento di una durata di un anno circa, dove abbiamo degli interventi individualizzati in piccoli gruppi, siamo uno dei pochi centri che offre un'attività di tipo cognitivo comportamentale, quindi abitativa, riabilitativa in piccoli gruppi, con un’équipe composta da:
- logopedista
- psicomotricità
- educatori
- neuropsichiatra infantile
- varie figure tirocinanti che si avvicendano secondo la formazione universitaria
- teacher training, in collaborazione con la scuola e gli insegnanti
- parent training
Il percorso è su base cognitivo comportamentale, quindi a livello abilitativo riabilitativo, secondo le metodologie più accreditate a livello internazionale di cui i nostri operatori hanno fatto specifica formazione.
La Stanza Multisensoriale. Di cosa si tratta?
Negli spazi che noi abbiamo a disposizione all'interno del presidio ci sarà una stanza che è in corso di allestimento strettamente dedicata allo stimolo sensoriale.
Con i bambini sia a più alto funzionamento sia con quelli a più basso, proponiamo un ambiente di questo tipo dove, attraverso stimoli luminosi tarati per le esigenze individuali, li accompagniamo passo passo ad avvicinarsi verso questo tipo di stimoli, a farli più loro, a riuscire a gestirli in un modo più diretto e anche più responsabile.
Con l’obiettivo che questi stimoli non permangano come altamente disturbanti, ma che il cervello piano piano li renda più suoi e che quindi vada a ridurre nei comportamenti il problema.
Spesso ci occupiamo di bambini che non possono andare al ristorante per la confusione che c’è, che non possono stare in mensa, perché il rumore della mensa non è accettabile. Oppure, bambini che non accettano di essere toccati o che ricercano le manipolazioni di certe sostanze o di certi oggetti, l'alimentazione a livello tattile, a livello percettivo sensoriale è soltanto di un certo tipo di una certa modalità.
Lo scopo del lavoro con gli educatori in questo ambito è proprio quello di manipolare quel cervello che è modificabile e fare in modo che degli stimoli sensoriali possano lasciare delle tracce che possano essere qualcosa di più addomesticabile per la loro crescita.
Dott. Giovanni Geninatti Neni
Neuoropsichiatra infantile
Giornata mondiale sulla consapevolezza dell’autismo 2024
Ogni anno, il 2 aprile si celebra la Giornata mondiale sulla consapevolezza dell'autismo, istituita dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 2007, è un’occasione per sottolineare la tutela dei diritti e il miglioramento delle condizioni di vita di chi vive con disturbi dello spettro autistico.
In Italia, l'autismo coinvolge direttamente 600.000 persone e i dati recenti indicano che 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza maggiore nei maschi.
Questa patologia è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo che influenzano principalmente l'interazione sociale e la comunicazione, oltre a presentare modelli ripetitivi e stereotipati di comportamento.
Le persone con autismo possono elaborare le informazioni sensoriali in modo diverso, mostrando ipersensibilità o iposensibilità agli stimoli esterni come luci, suoni e temperature. Una condizione che necessità la creazione di ambienti "autism-friendly" come parchi, scuole e luoghi di lavoro per aiutare a mitigare il disagio.
Il nostro impegno per l’autismo
Il nostro Presidio, inserito nel Servizio Sanitario Nazionale, grazie alla collaborazione con la Neuropsichiatria infantile, accoglie bambini oltre i sei anni provenienti dall'area metropolitana di Torino e zone limitrofe.
Offriamo interventi individualizzati in piccoli gruppi basati su approcci cognitivo-comportamentali, guidati da un'équipe multidisciplinare composta dai nostri specialisti.
Il nostro percorso include servizi indirizzati ai nostri piccoli pazienti come attività di logopedia, di psicomotricità e di neuropsichiatria infantile e altri per le famiglie e i care giver come la formazione per insegnanti e genitori.
La Stanza Multisensoriale: un progetto innovativo per l’autismo
Un elemento innovativo del nostro servizio è la Stanza Multisensoriale, uno spazio progettato per stimolare i sensi dei bambini attraverso luci e altri input sensoriali, personalizzati in base alle loro esigenze.
Questo ambiente mira a rendere gli stimoli meno invasivi e a migliorare la gestione sensoriale dei bambini, alcuni dei quali trovano difficoltà in contesti rumorosi o nella gestione del contatto fisico.
Pensiamo che aumentare la consapevolezza sull'autismo e fornire interventi adeguati siano passi fondamentali per supportare i bambini autistici e le loro famiglie.
Non per niente nel mese di gennaio abbiamo ospitato un Convegno interamente dedicato a queste tematiche e che ha visto la partecipazione di una grande fetta di studiosi dell’ambito e di importanti personalità del nostro territorio.
In conclusione, promuovere ambienti inclusivi e sviluppare progetti innovativi come la Stanza Multisensoriale rappresentano impegni importanti verso l'accettazione e il sostegno delle persone con autismo, garantendo a tutti il diritto di sentirsi accolti e al sicuro.
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La malattia di Parkinson: una problematica affrontata al San Camillo con un lavoro di équipe
Il dottor Piero Bottino segue al Presidio Sanitario i progetti legati alla malattia di Parkinson. Ci racconta di che cosa si tratti e come debba venire affrontata.
Che cosa intendiamo per malattia di Parkinson?
La malattia di Parkinson è la seconda più frequente patologia neurodegenerativa dopo la malattia di Alzheimer. Il termine “neurodegenerativa” indica una condizione progressiva di danno neuronale che aumenta nel tempo. In questa patologia il danno si manifesta in una particolare zona del cervello, detta “sostanza nera”, dove è prodotta una sostanza, la “dopamina”, un neurotrasmettitore che permette il controllo dei movimenti e di altre importanti funzioni del corpo. Nelle persone con malattia di Parkinson la produzione della dopamina progressivamente diminuisce, all’aumentare della degenerazione dei neuroni.
In che modo si manifesta?
I sintomi caratteristici della malattia sono legati a una diminuzione delle capacità motorie, quali la rigidità, il tremore a riposo (forse il sintomo più noto), la bradicinesia (movimento lento). Sono presenti in modo variabile nei pazienti: alcuni, infatti, possono non manifestare il tremore ma essere particolarmente rigidi, altri possono tremare in modo marcato ma non avere rigidità e così via, in molteplici varianti sintomatologiche. Altri sintomi si associano ai più comuni, tra cui i disturbi dell’equilibrio, l’alterazione della postura che porta all’atteggiamento camptocormico (cioè con ginocchia flesse, busto e spalle in avanti, passi strisciati), la festinazione, che consiste in una difficoltà a mantenere il ritmo della camminata, che accelera fino alla caduta, se non contenuta. Proprio le cadute sono un grave e frequente problema. La persona con Parkinson perde facilmente l’equilibrio, non è abbastanza pronta ad adattare la propria postura e non riesce a proteggersi dalla caduta, che spesso causa danni ossei anche importanti. Durante il cammino si possono verificare blocchi improvvisi o difficoltà a superare spazi stretti (porte, strettoie), con un tipico atteggiamento di “congelamento” (freezing). In tali momenti il baricentro avanza ma i piedi rimangono incollati a terra, esponendo il soggetto a un elevato rischio di caduta. La postura può essere alterata anche da una flessione del tronco verso un lato (Sindrome di Pisa).
Ci sono sintomi slegati dalle capacità motorie?
Altri sintomi frequenti sono l’alterazione della voce, che diventa poco intellegibile, la disfagia, cioè la difficoltà a deglutire, la scialorrea, una anomala e abbondante presenza di saliva nel cavo orale. Sono inoltre presenti sintomi non motori come i disturbi del sonno, l’alterazione dell’olfatto o la depressione (che possono precedere anche di anni l’insorgenza della malattia). Influiscono sulla qualità di vita la stipsi, pressoché sempre presente, l’incontinenza urinaria, le disfunzioni sessuali. Viene alterato anche il controllo della pressione arteriosa. Soprattutto negli stadi più avanzati si possono manifestare disturbi cognitivi, con deficit di attenzione, di memoria, delle funzioni esecutive. Si perde, ad esempio, la capacità di svolgere più compiti contemporaneamente. I sintomi progrediscono nel tempo, tuttavia possono essere ben controllati dalla terapia con farmaci specifici. Dopo alcuni anni i trattamenti farmacologici richiedono aggiustamenti e aumento dei dosaggi. Si manifestano altri sintomi, sempre più invalidanti, e si riducono le autonomie personali.
Quali sono i soggetti più a rischio? C’è differenza di percentuale tra uomini e donne?
Sono state effettuate e sono in corso molte ricerche per determinare la causa della malattia di Parkinson. Tuttavia tale causa per non è nota e non sono conosciuti sicuri fattori di rischio. Alcuni farmaci possono causare sintomi simili alla malattia. L’esposizione ad alcune sostanze o a ripetuti traumi cranici (nello sport) sono stati studiati ma un chiaro legame non è sicuro. Certamente la prevalenza della malattia aumenta con l’età, in particolare dopo i 60 anni, ma sono presenti molte forme giovanili (dai 20 in poi). La distribuzione tra uomini e donne è sostanzialmente la stessa.
C’è qualche modo per prevenirlo?
La riabilitazione per la malattia di Parkinson prevede un approccio “multidisciplinare”, proprio per le molteplici difficoltà che emergono con il passare del tempo. La multidisciplinarietà, ormai riconosciuta come necessaria anche nella letteratura internazionale, prevede la contemporanea attuazione di strategie riabilitative diverse ma che si integrano tra loro. La fisioterapia permette di migliorare la postura, il cammino, la resistenza agli sforzi, la strategia per ridurre gli effetti del freezing e dei blocchi motori. A essa si associa la terapia occupazionale, attività riabilitativa mirata al rinforzo e al recupero delle autonomie quotidiane, oppure allo studio e alla messa in atto di strategie di compenso, quando alcune attività non sono più recuperabili nella loro pienezza. Queste attività, più motorie, non possono prescindere dall’analisi e dalla valutazione del quadro cognitivo, che influisce proprio sulle capacità di effettuare programmi motori, compiti specifici e in serie.
Quanto conta l'aspetto psicologico?
La componente psicologica influisce notevolmente sulle prestazioni. Molte persone sperimentano una maggiore difficoltà a muoversi e a compiere gli atti della vita quotidiana proprio nei momenti di maggiore stress e tensione, ad esempio quando ci si sente osservati da estranei. La psicologia, utilizzando tecniche di rilassamento, colloqui e mindfulness, cerca di alleviare queste fatiche. La logopedia permette di migliorare la deglutizione e la produzione del linguaggio, attraverso tecniche e strategie di sicurezza nella assunzione dei cibi e il rinforzo delle capacità di fonazione. La musicoterapia utilizza i suoni, le vibrazioni, il canto per ritrovare il ritmo del movimento e alleviare tensioni e paure. Il supporto degli infermieri e degli operatori sanitari è essenziale per gestire difficoltà nella gestione del quotidiano, delle terapie, della alimentazione e degli spostamenti.
Quali sono i metodi per la riabilitazione e per la cura dal Parkinson?
La riabilitazione è una attività sanitaria, svolta in contesto ospedaliero o ambulatoriale, che necessita di operatori specializzati ed è compresa nel mondo delle cure. È molto importante ricordare che il movimento, l’esercizio fisico e mentale, il coinvolgimento in attività ludiche sono essenziali per mantenere una buona mobilità e attività. È quindi importante partecipare a iniziative specifiche, non solo in ambito sanitario. La danza, il thai chi, il tango, la camminata sportiva e altre attività sono sempre più apprezzate per la loro efficacia.
Al San Camillo, com’è organizzata la struttura per la cura del Parkinson?
I trattamenti riabilitativi specifici per le persone con malattia di Parkinson sono effettuati tramite il ricovero in Day Hospital (ospedale di giorno). A seconda delle possibilità e delle esigenze dei pazienti, è possibile accedervi per due, tre o cinque giorni alla settimana, per cicli di ricovero della durata di quattro, cinque o tre settimane. Il programma è stabilito dal medico che prende in carico il paziente. L’accesso al DH deve sempre essere preceduto da una visita fisiatrica, durante la quale viene compilato il Progetto Riabilitativo Individuale, che costituisce il cardine della futura riabilitazione. È importante ricordare che la malattia di Parkinson spesso rende necessaria una sempre più importante assistenza da parte dei caregiver, spesso coniugi o familiari. A essi vanno riservati spazi di aiuto e ascolto. In terapia occupazionale si insegna loro la corretta gestione delle attività quotidiane: si cerca poi, quando possibile, di alleviare le ansie e le stanchezze che inevitabilmente insorgono con il passare del tempo. La logopedia coinvolge i parenti nella gestione della alimentazione in sicurezza. La neuropsicologia illustra e insegna a gestire le difficoltà cognitive, spesso difficili da capire e accettare. Gli infermieri svolgo un compito importante nell’assistere, consigliare, ascoltare chi si prende cura dei pazienti. I fisioterapisti mostrano ai caregiver le tecniche di mobilizzazione, di cammino, di trasferimento nella massima sicurezza e con la minor fatica possibile.
La musicoterapia al San Camillo: uno strumento prezioso per affrontare problematiche neurologiche
Il Presidio Sanitario San Camillo di Torino dal 2001 offre un servizio di Musicoterapia, per un lavoro di équipe nell'affrontare le problematiche di salute che vengono prese in esame e curate. Il referente è il professor Maurizio Scarpa, musicista e musicoterapista.
Come nasce la musicoterapia?
Dalle esperienze umane. Nell'antica Grecia il dio Apollo calmava le ire con il suono della cetra. Ne parlavano Platone e Pitagora, la musica è sempre esistita come cura. Oggi si fa invece fatica ad accettarla, perché si pensa abbia solo una funzione commerciale. Da oltre quarant'anni la musicoterapia è stata attivata in tutto il mondo, in Italia non viene invece ancora riconosciuta come specializzazione sanitaria.
Come funziona?
La musica attiva aree cerebrali che non possono essere raggiunte in altri modi: le neuroscienze cominciano a capire perché la musicoterapia funzioni. Ed è naturale che sia così, perché tutte le caratteristiche della musica appartengono all'uomo.
Che cosa offre il servizio al San Camillo?
Al San Camillo lavoriamo con problematiche neurologiche: riabilitazione da ictus e malattia di Parkinson. Proponiamo una terapia individuale e di gruppo per l'ictus e soltanto di gruppo per il Parkinson, secondo metodologie che abbiamo sviluppato in quasi due decenni di esperienza.
Come intervenite sui malati di Parkinson?
La nostra metodologia prende origine da una stimolazione ritmico-volitiva conosciuta come RAS (Rhythmic Auditory Stimulation). Chi ha difficoltà nel controllo motorio, con il ritmo ristabilisce modalità del cammino: si batte il ritmo. Partendo dal RAS abbiamo creato un modello che va più sulla percezione ritmico-corporea. Se aiuti a migliorare la capacità autopercettiva del corpo si riesce a migliorarne il controllo: più mi conosco e più mi controllo. Lavoriamo sul respiro, sul movimento controllato, sul doppio compito (la capacità di compiere due azioni contemporaneamente) fino ad andare a sottrarre la musica perché il paziente ha sviluppato una capacità ritmica interiore e riesce a muoversi senza aiuto. I risultati sono interessanti.
E su chi è rimasto vittima di un ictus?
Una conseguenza dell'ictus è l'afasia. Lavoriamo molto sulla percezione corporea, usando diapason in bassa frequenza. Le vibrazioni ristabilizzano le funzioni corporee. È molto importante il respiro, che diventa suono: prima vocali, poi, sillabe, quindi parole delle canzoni. Chi è stato colpito da ictus fatica nel parlare non nel cantare. Raggiunta questa fase sottraiamo la musica per lasciare il solo lessico: si tratta di un training per difficoltà crescenti. In questo modo riusciamo ad agire su afasie importanti. Il lavoro deriva dal MIT (Melodic Intonation Therapy), una forma di musicoterapia dalle evidenze scientifiche importanti. Si tratta di Modified Melodic Intonation Therapy, nuovo modello adattato alle persone con cui ci confrontiamo.
Perché funziona il canto?
Attraverso il canto il paziente recupera un senso di autoefficacia che pensava di aver perduto. L'afasico ascolta e decodifica ma non riesce a esprimersi. Invece, quando canta, può farlo in modo chiaro, con conseguenze benefiche generali: scatta il sorriso, cambia la postura.
Quello del San Camillo è un lavoro di gruppo.
Il servizio di Logopedia coglie tutto e adatto quanto indicato dal musicoterapeuta: quale sia la velocità di espressione del paziente, quante sillabe pronunci al minuto. Le persone sono seguite da un'équipe che comprende Terapia occupazionale, Neuropsicologia e Psicologia clinica.
Come è il rapporto del paziente con la musicoterapia?
Solitamente si fidano, perché c'è di mezzo una relazione. Una relazione bella da instaurare, basata sul non verbale. Io parlo poco e allo scopo arriviamo sempre. Usiamo percussioni, strumenti a corda, che invento e costruisco. Poi a fiato, come fischietto e flauto. Sono importanti per un afasico, che deve imparare nuovamente a soffiare. Con i pazienti affrontiamo sedute intorno ai 50 minuti. Sono faticose emotivamente perché lavoriamo molto sulla spinta emotiva. Si sfrutta quello che è un desiderio per attivare le emozioni, è molto stancante.
All'inizio accennava al “non riconoscimento” della musicoterapia in Italia. Al San Camillo è diverso?
Al San Camillo hanno sempre creduto nella musicoterapia. Quando ho cominciato questa esperienza le mie relazioni erano controllate da padre Rossi: solo dopo ho scoperto che era un camilliano che insegnava musicoterapia vocale ad Assisi. Mi ha telefonato e incoraggiato. Otteniamo risultati facendo quattro trattamenti alla settimana. E con Musica e cura, la mia associazione, una volta al mese portiamo la musica al Presidio, per intrattenere i pazienti in un rapporto sempre più stringente.
Come il fisioterapista affronta i disturbi dell'equilibrio?
Presso il Presidio è attivo dal 2000 un servizio specialistico riabilitativo aperto alle persone che soffrono di disturbi dell'equilibrio e vertigini.
I nostri fisioterapisti trattano il problema combinando fra loro esercizi di rieducazione con difficoltà crescente per favorire il recupero di un adeguato funzionamento dei sistemi che sono alla base del controllo dell’equilibrio:
- visivo
- cervicale
- vestibolare
- propriocettivo (ovvero relativo alla capacità di riconoscere la propria posizione nello spazio)
Nella riabilitazione è anche importante l'addestramento con esercizi di auto-trattamento, che il paziente può svolgere a casa per potenziare e mantenere i risultati della fisioterapia.
Cosa fare quando le vertigini dipendono da un danno permanente?
Per i casi in cui il danno non è recuperabile esistono protocolli riabilitativi con lo scopo di potenziare le capacità residue.
Ancor di più in questi casi è fondamentale infondere sicurezza nel paziente, per aiutarlo a superare la paura nell’esecuzione delle attività quotidiane.
Un approccio multidisciplinare può inoltre coinvolgere nella terapia altri professionisti sanitari e riabilitativi specializzati in terapia occupazionale, in neuropsicologia e in logopedia.
Come affrontiamo la perdita di equilibrio al San Camillo?
All'interno del Presidio sanitario prendiamo in carico i pazienti con vertigini e disturbi dell’equilibrio dopo una visita fisiatrica specialistica.
Il medico può prescrivere quindi un programma di riabilitazione da svolgere in ambulatorio o, nei casi più complessi, con trattamenti in day hospital, che permette di gestire al meglio la componente psicologica, di frequente associata ai disturbi dell’equilibrio, che può rallentare il buon esito delle terapie.
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Per quali patologie sono indicate le infiltrazioni ecoguidate?
La procedura di un infiltrazione ecoguidata consiste nell’uso di un ecografo che consente di guidare e di avere sempre sotto controllo l’andamento del trattamento; vengono effettuate per patologie osteoarticolari o neurologiche, fra cui:
- patologie intrarticolari come l’artrosi di ginocchio, dell'anca o della spalla
- patologie infiammatorie intrarticolari, come l'infiammazione del tendine achilleo o dei tendini della spalla
- calcificazioni
- infiammazione cronica dei tendini
- infiammazione al grande trocantere
- infiammazione al tendine d’Achille
- infiammazione ai muscoli della cuffia della spalla
- patologie neurologiche come la spasticità post-ictus con l'azione della tossina botulinica nel muscolo target predefinito
Presidio San Camillo: centro di riferimento regionale per la cura dell’Osteoporosi
Centomila persone si fratturano il femore ogni anno in Italia, più di 7000 nella Regione Piemonte. Di queste persone, una ogni 5 muore per le conseguenze della frattura e più della metà di quelle che sopravvivono perde definitivamente la capacità di camminare o di vestirsi, lavarsi o svolgere altre attività della vita quotidiana senza bisogno di aiuto.
All’origine delle fratture di femore sta quasi sempre l’osteoporosi, che rende lo scheletro fragile: le ossa vanno incontro a fratture anche in assenza di traumi o con traumi minimi. La fragilità riguarda tutto lo scheletro e le fratture possono colpire così come il femore molte altre ossa, dalle vertebre alle coste, dalle ossa del polso a quelle della spalla, bacino, gamba e così via.
La Regione Piemonte ha da alcuni anni individuato pochi Centri Specializzati sul proprio territorio per la prevenzione e la cura dell’osteoporosi. Il Presidio Sanitario San Camillo di Torino è sede di uno dei Centri regionali. Si può accedervi tramite visita specialistica ambulatoriale. In quell’occasione il medico definisce qual è la gravità dell’osteoporosi (cioè qual è il rischio della persona di andare incontro a fratture) e individua quando possibile una causa specifica della fragilità dello scheletro.
Molte volte il medico si avvale della densitometria ossea eseguita nel Presidio con tecnica Dual Energy X-ray Absorptiometry (DXA): l’esame fornisce informazioni preziose sulla quantità di osso (massa ossea) e con l’integrazione del software Trabecular Bone Score (TBS), anche sulla sua qualità che contribuisce a definirne la resistenza. Altri esami radiologici e di laboratorio possono essere utili per completare la valutazione della fragilità scheletrica che comincia sempre e comunque dalla visita medica e dalla raccolta accurata di informazioni sullo stato di salute e sulle abitudini di vita.
La cura è di regola più efficace quando viene individuata una causa: curare la malattia causa di osteoporosi consente di curare al meglio l’osteoporosi. In ogni caso vengono fornite indicazioni relative allo stile di vita (alimentazione, attività fisica e abitudini voluttuarie) e per la prevenzione del deficit di vitamina D. Alle persone con osteoporosi più avanzata vengono riservati i farmaci, inclusi quelli iniettivi, di ultima generazione, che rinforzano lo scheletro e riducono efficacemente il rischio di frattura. Trattandosi di farmaci, per quanto in genere siano ben tollerati, il loro utilizzo è giustificato solo se il rischio di frattura è elevato.
Oltre alla fragilità dello scheletro c’è un’altra componente non meno importante che determina il rischio di fratture: la tendenza a cadere. Dopo i 65 anni una persona su 3 cade almeno una volta l’anno e dopo gli 80 anni una persona su 2. È importante capire se e come cade una persona. Molte volte per prevenire nuove cadute bastano provvedimenti facili da attuare e intuitivi come utilizzare calzature appropriate, sedersi su sedie stabili con braccioli, evitare l’uso di cera per pavimenti o svolgere attività a rischio in condizioni di sicurezza (per esempio indossare i pantaloni o la gonna da seduti).
La riabilitazione delle turbe dell’equilibrio da parte dell’equipe specializzata del Presidio interviene in casi selezionati. I fisioterapisti del Presidio hanno poi un ruolo decisivo quando una frattura si è comunque manifestata per ottimizzare il recupero funzionale, contrastare il dolore e favorire la ripresa della partecipazione alla vita familiare e sociale.
Dottor Marco Di Monaco
Specialista in Medicina fisica e riabilitazione, specialista in Endocrinologia e Malattie del ricambio
L'incontinenza urinaria è un problema che non deve essere ignorato in ogni fascia di età
L'incontinenza urinaria è una della problematiche affrontate nel servizio di Riabilitazione del Presidio Sanitario San Camillo. Ne abbiamo parlato con il dottor Marco Martini.
Che cos’è e come si manifesta l’incontinenza urinaria?
L'incontinenza urinaria viene propriamente definita come “qualsiasi perdita involontaria di urina attraverso l’uretra”, e può manifestarsi in occasione di sforzi, tosse e starnuti oppure accompagnarsi a un improvviso e improcrastinabile desiderio di urinare, che non consente di raggiungere in tempo un servizio igienico. Da questa classificazione basata sul sintomo deriva di riflesso la classificazione eziopatologica, ovvero incontinenza urinaria da sforzo nel primo caso e incontinenza urinaria da urgenza nel secondo caso. Esistono poi le forme miste in cui coesistono le due condizioni, da sforzo e da urgenza.
Quali sono le cause?
Per quanto riguarda l'incontinenza urinaria da sforzo le cause vanno ricercate in un deficit dei meccanismi di chiusura a livello uretrale, per un indebolimento sfinterico oppure per una riduzione del tono dei muscoli del pavimento pelvico o dei sistemi fasciali che sostengono la vescica e l’uretra. Per quanto riguarda l'incontinenza urinaria da urgenza alla base esiste una disfunzione vescicale, generalmente in senso di “iperattività” della muscolatura vescicale, di tipo “idiopatica” o secondaria a cause infiammatorie o neurologiche. Nel maschio è prevalentemente legata a interventi chirurgici sulla ghiandola prostatica.
Chi colpisce? È più maschile o femminile?
Sappiamo che l'incontinenza urinaria è una patologia che coinvolge un elevato numero di persone, giovani e anziani, uomini e donne. Purtroppo oggi l’incontinenza rappresenta ancora un tabù, nonostante la sua eccezionale rilevanza sociale: in Italia sono incontinenti almeno 5,1 milioni di persone sopra i 18 anni (3,7 milioni di donne e 1,4 milioni di uomini, con un rapporto di 2,7 a 1 tra i due sessi). In altri termini, su 100 italiani, almeno 10 soffrono di incontinenza urinaria, 6% tra gli uomini e 14% circa tra le donne, con un sensibile incremento della prevalenza al crescere dell’età. Tuttavia questi numeri potrebbero essere anche più alti, in quanto l'incontinenza urinaria (ma anche quella fecale) sono condizioni sottostimate proprio perché le persone che ne soffrono spesso non denunciano il problema, o per un senso di pudore o perché non dispongono delle informazioni e degli strumenti atti a comprendere la patologia stessa.
Quali sono le fasce di età interessate?
La prevalenza dell'incontinenza urinaria aumenta con l’aumentare dell’età, dopo la menopausa nella donna e nell’età geriatrica in entrambi i sessi, ma non dobbiamo dimenticare che è una condizione che può insorgere anche in donne giovani, soprattutto in seguito al parto e in atlete che praticano attività sportive ad alto livello.
Com'è strutturato il centro del San Camillo?
Premetto che la Regione Piemonte è in una posizione di assoluta avanguardia in Italia per l'attenzione che dedica al tema incontinenza, e, a partire dal 2006, ha strutturato una rete di centri specialistici, denominata Rete Incontinenza Piemonte, diversificati in centri fisiatrici, urologici e ginecologici. Al San Camillo di Torino, dal 2008, è attivo il centro fisiatrico per la prevenzione e cura dell'incontinenza urinaria, costituito da medici specialisti in fisiatria e da un team di fisioterapisti esperti in riabilitazione del pavimento pelvico. È dotato di sale visita e due sale di riabilitazione, in cui si svolgono i programmi terapeutici di tipo riabilitativo. Le persone che necessitano di cure vengono presi in carico in regime ambulatoriale o day hospital a seconda della complessità del caso.
Quali patologie cura?
I benefici della terapia riabilitativa in questo settore sono ormai documentati nelle linee guida pubblicate da autorevoli società scientifiche; la riabilitazione rappresenta infatti il primo approccio terapeutico nelle forme di incontinenza non complicate, non è invasiva e non compromette una eventuale successiva procedura chirurgica. Nel nostro centro vengono trattate in via conservativa tutte le forme di incontinenza urinaria femminile e maschile, e in generale tutte le disfunzioni del pavimento pelvico, come le alterazioni della statica pelvica, il dolore pelvico cronico, l'incontinenza fecale e la stipsi. Il centro, oltre a svolgere una attività di tipo ambulatoriale per i pazienti che afferiscono al nostro ospedale, collabora con i reparti di degenza e il day hospital per garantire un supporto diagnostico-terapeutico per i casi di maggiore complessità, sostenuti da malattie del sistema nervoso centrale e periferico, malattia di Parkinson e sclerosi multipla.
Quale è il percorso di cura?
Su suggerimento del medico curante o dello specialista urologo o ginecologo, il paziente che necessita di una terapia riabilitativa esegue una visita fisiatrica con i medici del centro, da cui scaturisce il progetto di cura che viene messo in atto dal fisioterapista. Il paziente segue un percorso riabilitativo individuale che può prolungarsi anche sino a due mesi, al termine del quale verrà rivalutato per quantificare i miglioramenti ottenuti e decidere eventuali ulteriori opzioni terapeutiche.
L'importanza del trattamento riabilitativo nelle cadute dell'anziano
Quello della caduta nell’anziano è una problematica rilevante non solo a livello di frequenza per le persone oltre i 65 anni, ma anche a livello di conseguenze sulla qualità della vita. Può inoltre avere delle ripercussioni anche dal punto di vista psico-fisico: l’insicurezza e la paura di cadere infatti possono limitare notevolmente il normale svolgimento delle attività quotidiane.
La prevenzione gioca un ruolo fondamentale poiché buona parte delle cadute può essere prevenuta agendo sui fattori di rischio modificabili grazie all’intervento coordinato dell’equipe riabilitativa multidisciplinare.
La riabilitazione nella prevenzione delle cadute dell'anziano
La maggior parte delle cadute avviene in modo accidentale, ossia i fattori di rischio sono perlopiù ambientali. Ma con l’avanzare dell’età, le difficoltà motorie legate alla perdita di equilibrio, le problematiche di tipo ortopedico e neurologico, i farmaci e l’invecchiamento aumentano notevolmente il rischio di cadute.
La prima indicazione da seguire per prevenire l’incidenza di tale problematica è quella di non sottovalutare mai una caduta, che a volte è sintomo di altre problematiche, ma di intervenire in maniera tempestiva rivolgendosi al proprio medico o alla valutazione di uno specialista.
Le vie d’intervento principali sono:
- Strategie di adattamento per deficit funzionali irreversibili (per esempio la prescrizione degli ausili per il cammino)
- Trattamento riabilitativo
- Modificazioni ambientali e dello stile di vita
La consulenza con il fisioterapista o con il terapista occupazionale svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione: un idoneo programma di riabilitazione riduce il rischio di cadute e le conseguenti possibili fratture, complicanze e allettamento. L’esercizio terapeutico è volto a migliorare il tono muscolare, la mobilità articolare, la coordinazione e l’equilibrio attraverso esercizi mirati. Impostato un piano terapeutico personalizzato è bene continuare a eseguire gli esercizi mirati.
La prevenzione va esercitata poi anche nel quotidiano agendo a livello di abitudini e comportamento e anche nelle strutture ospedaliere, durante un ricovero.
Il Presidio Sanitario adotta tutte le misure di prevenzione, e si impegna a informare i pazienti sulle buone norme da seguire, a cominciare dal ricovero per riabilitazione fino alla gestione del rientro al domicilio, per ottenere una migliore qualità ed una sempre maggiore sicurezza delle nostre cure.
Lo studio sulla lombalgia del San Camillo è stato pubblicato su una rivista internazionale
Nuovo traguardo raggiunto dal team del San Camillo nel campo della ricerca: lo studio “Understanding regional activation of thoraco-lumbar muscles in chronic low back pain and its relationship to clinically relevant domains”, è stato pubblicato sulla rivista online internazionale BMC Musculoskeletal Disorders. Questo nuovo paper sulla lombalgia nasce dal progetto di ricerca vincitore del fondo per la promozione della ricerca scientifica in fisioterapia promosso da AIFI Piemonte e Valle d’Aosta in collaborazione con la Società Italiana Fisioterapia.
Il progetto ha coinvolto i fisioterapisti e i ricercatori Francesca Serafino, Marco Trucco, Adele Occhionero, Giacinto Luigi Cerone, Alessandro Chiarotto, Taian Vieira e Alessio Gallina ed è stato condotto al Presidio Sanitario San Camillo e al Laboratorio di Ingegneria del Sistema neuromuscolare (LISiN) del Politecnico di Torino.
Studi precedenti avevano osservato alterazioni nell’attivazione muscolare a carico dei muscoli estensori toraco-lombari durante task motori affaticanti ed ad alta intensità in soggetti che soffrono di lombalgia e finora non era stato indagato se queste alterazioni si verificassero simmetricamente tra i due gruppi muscolari a lato della colonna e se queste modifiche di attività muscolare fossero associate alla presenza di determinati fattori clinici e psicosociali. Partendo da queste incertezze, lo studio risponde a questi obiettivi: indagare se l’attivazione muscolare dei muscoli estensori lombari in soggetti con mal di schiena cronico differisce rispetto a soggetti asintomatici durante compiti funzionali come camminare, alzarsi e sedersi, piegarsi in avanti raggiungendo le ginocchia ecc. e analizzare eventuali associazioni tra possibili alterazioni di attività muscolare e fattori clinici e psicosociali indagati tramite questionari e scale di valutazione.
Lo studio e i risultati della ricerca
Allo studio hanno partecipato 21 persone con diagnosi di lombalgia cronica aspecifica e 21 persone senza dolore lombare. La distribuzione spaziale dell’attività muscolare è stata registrata usando la tecnica dell’elettromiografia di superficie (sEMG) e nello specifico applicando sulla cute dei soggetti delle matrici di elettrodi in corrispondenza dei ventri muscolari degli estensori toraco- lombari. Per ogni lato la distribuzione di ampiezza elettromiografica è stata analizzata in termini di intensità del segnale, di posizione di zona attività e di dimensione dell’area attività. Gli indici di asimmetria sono stati calcolati a partire da queste specifiche e la correlazione tra le due diverse popolazioni e i diversi compiti motori sono state effettuate tramite l’ANOVA. Successivamente le caratteristiche trovate significativamente differenti tra i due gruppi sono state correlate all’intensità di dolore riportato e alle altre variabili cliniche e psicosociali indagate.
Dallo studio è emerso che persone con mal di schiena cronico attivano i muscoli estensori toraco-lombari meno durante il movimento di antiversione del bacino e durante a fase di accettazione del carico nel cammino e che queste alterazioni correlano con la scala NRS del dolore: quindi soggetti con più bassa intensità di attività muscolare soffrono di dolore più forte. Questi risultati potrebbero portare allo sviluppo di nuove tecniche di valutazione di questi muscoli nella pratica clinica e allo sviluppo di nuove strategie di trattamento che migliorino i sintomi delle persone che soffrono di mal di schiena cronico.
L'incontinenza urinaria, un problema nascosto: come la fisioterapia lo affronta al San Camillo
L'incontinenza urinaria è un problema diffuso, che richiede un trattamento specifico sotto il profilo fisioterapico. Ne abbiamo parlato con Serena Balocco, referente del servizio di Rieducazione delle Disfunzioni del Pavimento Pelvico presso Fisioterapia al Presidio Sanitario San Camillo di Torino.
Che cosa si intende per incontinenza urinaria?
L’incontinenza urinaria è definita come qualsiasi perdita involontaria di urina in tempi e luoghi non appropriati.
Quali persone colpisce?
Questa condizione, che spesso è misconosciuta o nascosta, coinvolge invece un elevato numero di persone, giovani e anziani, uomini e donne. In Italia si stima che colpisca circa cinque milioni di cittadini, e che circa un terzo delle donne ne soffra, soprattutto dopo i parti o al sopraggiungere della menopausa.
Da che cosa è provocata?
Generalmente nelle donne l’incontinenza è causata da un indebolimento dell’uretra e delle strutture che la sostengono, configurando la condizione clinica dell’”incontinenza da sforzo”, che si manifesta soprattutto con la tosse, gli starnuti e in occasione di “sforzi” in genere. Un’altra forma di incontinenza è quella “da urgenza”, caratterizzata da urgenza minzionale e perdite di urina durante lo stimolo prima ancora di raggiungere la toilette. Essa è sostenuta da una disfunzione vescicale chiamata “iperattività vescicale”. Esistono anche le forme miste, caratterizzate dal coesistere delle due condizioni. Nel maschio, invece, la problematica dell’incontinenza, è legata in particolar modo agli interventi chirurgici di prostatectomia.
Con quali cure la si affronta?
Le persone che ne soffrono spesso non dispongono delle informazioni e degli strumenti atti a comprendere la patologia stessa. Nel momento in cui si presentano i primi sintomi, il paziente si dovrebbe rivolgere subito al proprio medico di famiglia che rappresenta il primo punto di riferimento a livello territoriale. Il medico di medicina generale, infatti, può indicare le analisi di screening necessarie ed eventualmente quali ausili utilizzare, procedere alla loro prescrizione, illustrare al paziente quali potrebbero essere le soluzioni terapeutiche per l’uomo e per la donna e indirizzare verso i centri specializzati di riabilitazione e di cura. La Regione Piemonte si trova in una posizione di assoluta avanguardia in Italia per l'attenzione che dedica al tema incontinenza, con l’istituzione, a partire dal 2006, di una rete di centri per l’incontinenza, denominata Rete Incontinenza Piemonte o RIP. RIP è articolata in centri di primo, secondo e terzo livello, diffusi su tutto il territorio regionale, in cui operano specialisti urologi, ginecologi e fisiatri, particolarmente esperti in patologie disfunzionali del pavimento pelvico e della vescica urinaria. La rete rappresenta una realtà al servizio dei cittadini, per garantire la presa in carico clinica, riabilitativa e chirurgica di pazienti affetti da incontinenza urinaria.
Qual è l’importanza della fisioterapia per questa patologia?
Le linee guida per la terapia dell’incontinenza urinaria ci dicono che nella prima fase è necessario iniziare una riabilitazione del pavimento pelvico, che non è invasiva, e potrebbe evitare interventi chirurgici successivi. La fisioterapia ha lo scopo di rinforzare la “muscolatura uretrale” e quella del pavimento pelvico, si avvale di personale specializzato e di strumentazione idonea al rinforzo di questi gruppi muscolari. È possibile anche utilizzare una terapia farmacologica, che viene prescritta dallo specialista.
Come si opera al San Camillo?
Il San Camillo di Torino è sede di un Centro specialistico di secondo livello, riconosciuto dalla Regione Piemonte, per la terapia conservativa dell’incontinenza urinaria, composto da due medici specialisti in fisiatria, un infermiere dedicato e un team di fisioterapisti esperti in riabilitazione del pavimento pelvico. Il nostro Centro, oltre a svolgere un’attività di tipo ambulatoriale per i pazienti che afferiscono al nostro ospedale, collabora con i reparti di degenza e il Day Hospital per garantire un supporto diagnostico-terapeutico per i casi di maggiore complessità, sostenuti da malattie del sistema nervoso centrale e periferico, malattia di Parkinson e Sclerosi Multipla, anch’esse causa di incontinenza urinaria.
Il servizio di fisioterapia offre la soluzione adatta a ogni situazione
La fisioterapia è un ramo della medicina dedicato alla prevenzione, cura e riabilitazione di pazienti con patologie o disfunzioni, sia congenite che acquisite, nei settori muscoloscheletrico, neurologico e viscerale.
Nella nostra struttura pratichiamo vari interventi terapeutici, tra cui terapia fisica, manuale, posturale e neurocognitiva. Nel nostro centro il fisioterapista lavora con competenza e autonomia, operando all'interno di équipe multidisciplinari in collaborazione con altre professioni sanitarie, tra cui ricordiamo il contributo di medici fisiatri, geriatri, neurologi, psicologi, neuropsicologi, logopedisti, terapisti occupazionali e infermieri.
Una delle aree d'eccellenza del Presidio Sanitario è quella della riabilitazione ortopedica e neuromotoria, ovvero un percorso teso al recupero delle funzioni danneggiate a seguito di malattie neurologiche o di infortuni traumatici.
Il Presidio Sanitario San Camillo, in quanto struttura specializzata nella riabilitazione, offre anche la possibilità di effettuare diversi programmi di riabilitazione anche a casa propria in due modalità: seguendo il percorso di teleriabilitazione, oppure accogliendo gli specialisti nel proprio domicilio.
Riabilitazione ortopedica e neuromotoria
L'attività è focalizzata sul recupero delle capacità funzionali motorie o neuro-motorie che sono state ridotte o perse a causa di malattie o traumi. È utile anche come trattamento conservativo post-operatorio o in preparazione a un intervento chirurgico. L'obiettivo di questa rieducazione è di raggiungere e mantenere i migliori livelli funzionali possibili nei campi fisico, sensoriale, intellettivo, psicologico e sociale.
La rieducazione mira a:
- correggere movimenti causati dalla patologia, che generano movimenti spontanei e non guidati.
- riorganizzare il movimento per renderlo il più efficiente e funzionale possibile.
- recuperare l'autonomia nelle attività quotidiane.
Teleriabilitazione
Un programma innovativo per il mantenimento delle abilità acquisite: un percorso di sedute online con il fisioterapista, la logopedista o la psicologa, presente in collegamento, a guida delle proposte terapeutiche per la massima sicurezza ed efficacia.
Riabilitazione domiciliare
Il Presidio Sanitario San Camillo offre riabilitazione domiciliare per patologie neurologiche e ortopediche, con sedute di riabilitazione o logopedia e singole prestazioni di Terapia Occupazionale o Neuropsicologia.
La fisioterapia è un aiuto nel trattamento riabilitativo per affrontare la malattia di Parkinson
Dottoressa Alessandra De Ceglia, che cos’è la malattia di Parkinson, quando si manifesta e quali sono i soggetti più colpiti?
La malattia di Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso, caratterizzata da un disturbo progressivo e cronico della regolazione, del controllo e della coordinazione del movimento. La malattia colpisce le persone di sesso maschile con una frequenza superiore di 1,5-2 rispetto alle donne e l'età media di comparsa dei sintomi è intorno ai 60 anni, ma una piccola percentuale può presentare una forma a esordio precoce, prima dei 50 anni.
Quali sono gli obiettivi della fisioterapia per curare questa malattia?
Gli obiettivi del trattamento riabilitativo prevedono il recupero e il mantenimento delle escursioni articolari; la prevenzione di posture scorrette e rigidità; il miglioramento della coordinazione e dell'equilibrio; l'apprendimento di strategie per contrastare la bradicinesia e il freezing; la prevenzione delle cadute e il miglioramento della consapevolezza corporea.
Quali sono, nel dettaglio e in concreto, gli esercizi svolti e i macchinari utilizzati durante una seduta di fisioterapia?
La seduta di fisioterapia è composta da esercizi che si pongono come obiettivo il miglioramento dei passaggi posturali, della coordinazione e dell'equilibrio; il rinforzo e l'endurance (resistenza). Si parte dalla posizione supina che prevede esercizi di rilassamento, respirazione, coordinazione arti superiori e inferiori, rotazioni del tronco. In posizione seduta esercizi di coordinazione utilizzando anche attrezzi come palle e bastoni. In stazione eretta esercizi in modalità mono e bipodalica di trasferimento di carico e coordinazione. In fase dinamica esercizi di deambulazione con andature e ritmi diversi, percorsi con ostacoli, esercizi dual task. Vengono inoltre utilizzati tapis roulant e pedana stabilometrica per migliorare endurance ed equilibrio. Tutti gli esercizi vengono proposti con una progressione di difficoltà durante il ciclo riabilitativo.
È possibile svolgere gli esercizi anche autonomamente, a casa?
I pazienti che vengono in trattamento al Presidio Sanitario San Camillo vengono istruiti a proseguire gli esercizi appresi in palestra. A tal proposito abbiamo preparato un archivio multimediale formato da esercizi con difficoltà crescente, dal quale attingiamo, in base alle caratteristiche del paziente, per l'esecuzione a domicilio. Gli studi effettuati su questo tipo di approccio, chiamato Action Observation, suggeriscono che la proposta dei video come programmi terapeutici può migliorare o rallentare il deterioramento delle capacità motorie nel paziente con malattia di Parkinson.
Qual è l’eccellenza del Presidio Sanitario San Camillo di Torino nel campo della fisioterapia per malati di Parkinson?
Dal 2002 il Presidio Sanitario San Camillo si occupa della riabilitazione della persona con malattia di Parkinson e in questi anni abbiamo migliorato la qualità di questo servizio, a partire dal ricovero in Day Hospital che prende in carico il paziente con approccio multidisciplinare. Tale approccio prevede il coinvolgimento di figure professionali quali l'infermiere, che si occupa dell'accoglienza e della parte assistenziale, mentre il fisioterapista, il terapista occupazionale, il neuropsicologo, il logopedista e il musicoterapista si occupano del percorso riabilitativo. Inoltre, terminato il ricovero in Day Hospital, il paziente continua a essere seguito nel suo percorso, dato il carattere evolutivo della malattia. Per monitorare e quantificare il beneficio del trattamento e per dare continuità terapeutica, proponiamo dei cicli di trattamento ambulatoriale di gruppo o individuale. Frequenti sono le collaborazioni con il dipartimento di neuroscienze dell'Università degli studi di Torino per promuovere prospettive di studio e ricerca. Inoltre la malattia di Parkinson è sempre più oggetto di studio e approfondimento di tesi del corso di laurea in fisioterapia, che prendono in esame i pazienti seguiti al Presidio Sanitario San Camillo.
La riabilitazione a domicilio: fisioterapisti, logopedisti, neuropsicologi e terapisti occupazionali direttamente a casa tua
Con l’obiettivo di accompagnare il paziente al pieno recupero, il Presidio Sanitario San Camillo offre la possibilità di effettuare diversi percorsi di riabilitazione anche a casa propria, in due modalità: seguendo il percorso di teleriabilitazione, oppure accogliendo gli specialisti nel proprio domicilio.
Riabilitazione personalizzata a casa
Il Presidio Sanitario San Camillo offre riabilitazione domiciliare per patologie neurologiche e ortopediche, con sedute di riabilitazione fisioterapica o logopedica e singole prestazioni di terapia occupazionale o neuropsicologia.
Il servizio, a cui attualmente è possibile accedere privatamente, è rivolto ai pazienti con patologie di natura neurologica o ortopedica dimessi dal ricovero ordinario, dal ricovero di day hospital o con un progetto riabilitativo conseguente da una visita fisiatrica. Queste le tipologie di pazienti destinatari del servizio:
- pazienti che desiderano eseguire al domicilio trattamenti riabilitativi specifici, o necessitano di adeguare il proprio ambiente domestico per raggiungere in sicurezza la massima autonomia possibile nelle attività della vita quotidiana
- pazienti che richiedono trattamenti di mantenimento nel tempo delle abilità motorie e cognitive
Vantaggi della Riabilitazione a Domicilio
- Comfort e familiarità: i pazienti ricevono cure nel comfort della loro casa, un ambiente familiare che può contribuire positivamente al loro benessere emotivo.
- Personalizzazione del trattamento: ogni intervento è altamente personalizzato e adattato all'ambiente domestico del paziente, facilitando esercizi e attività specifiche che sarebbero difficili da replicare in un contesto ospedaliero.
- Coinvolgimento dei familiari: la riabilitazione a domicilio permette un maggior coinvolgimento dei familiari nel processo terapeutico, essenziale per il supporto continuo del paziente.
La riabilitazione del San Camillo è anche online
Si tratta di un programma innovativo per il mantenimento delle abilità acquisite: un percorso di sedute online con il fisioterapista ma anche con altri specialisti come logopedisti, neuropsicologi e terapisti occupazionali, presente in collegamento, a guida delle proposte terapeutiche per la massima sicurezza ed efficacia.
L’obiettivo è di limitare al minimo le interruzioni in un percorso riabilitativo dove è fondamentale la continuità del trattamento e di garantire la massima assistenza ad ogni paziente.
Facilità di accesso e prenotazione del servizio
I pazienti o i loro familiari possono facilmente attivare il servizio a domicilio contattando il San Camillo via telefono, email, o compilando un modulo online. Questa facilità di accesso è essenziale per garantire che nessun paziente rimanga senza il supporto necessario.
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Il Presidio Sanitario San Camillo è convenzionato con assicurazioni, fondi e casse integrative per l'erogazione...
In questa sezione potete richiedere la prenotazione per una prestazione ambulatoriale privata...
Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.
Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.
Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano
Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.
Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:
"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”
Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:
"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”
Lo stress può influire profondamente sulla vita di coppia, compromettendo desiderio, comunicazione e complicità.
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