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Nel post ictus è necessario affrontare diversi deficit cognitivi
In che modo la neuropsicologia cognitiva aiuta nel post ictus?
Una delle principali cause di comparsa di deficit cognitivi può essere l'ictus.
Spesso, infatti, i soggetti colpiti da lesioni cerebrali presentano:
- difficoltà di memoria
- difficoltà di attenzione
- disturbi del linguaggio
- disturbi di esplorazione visiva e spaziale
- disturbi di pianificazione
In questi casi la terapia riabilitativa comprende l’azione del neuropsicologo che, attraverso precisi test di valutazione, costruisce un quadro del paziente e ha la possibilità di delineare successivamente un percorso di riabilitazione specifico e personalizzato per il singolo paziente.
La neuropsicologia cognitiva, infatti, è una branca della psicologia che si occupa di indagare e analizzare il funzionamento cognitivo dei pazienti soggetti a lesioni o disfunzioni, acquisite o congenite, del sistema nervoso centrale.
L’obiettivo di questa figura professionale all’interno del percorso riabilitativo nel post ictus, è quello di stimolare il recupero e il potenziamento delle funzioni danneggiate, attraverso l’uso di esercizi computerizzati e non, diventando un punto di supporto e di riferimento per il paziente e per la sua famiglia.
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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.
Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.
Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano
Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.
Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:
"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”
Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:
"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”
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