Portale della Fondazione Opera San Camillo - Un approccio multidisciplinare per risolvere i problemi di fragilità scheletrica - Un approccio multidisciplinare per risolvere i problemi di fragilità scheletrica - Torino
Un approccio multidisciplinare per risolvere i problemi di fragilità scheletrica
Il team che si occupa di osteoporosi è composto da medici che hanno deciso di dedicarsi specificamente al metabolismo osseo. L'osteoporosi richiede comunque delle competenze trasversali: è necessario che lo specialista, indipendentemente dal suo settore d’origine, sia esso endocrinologia, ortopedia, fisioterapia, geriatria, medicina interna o altre, si dedichi in modo esclusivo a questo argomento, combinando le proprie conoscenze con quelle di ambiti diversi. L'approccio multidisciplinare è il metodo scelto dal Presidio Sanitario San Camillo, da altri centri qualificati e riconosciuti dalla Regione Piemonte e da organismi nazionali, in quanto centri specializzati nella cura dell'osteoporosi e, più in generale, delle malattie metaboliche dell’osso.
Il medico dunque non lavora da solo, perché molte delle aree citate in precedenza presuppongono un’équipe, una caratteristica specifica della riabilitazione. All’interno del team, il fisioterapista e il terapista occupazionale hanno un ruolo cruciale. Non ultimo, il servizio di radiologia dà un apporto decisivo attraverso densitometrie e morfometrie vertebrali, ovvero radiografie che consentono di individuare e quantificare rapidamente eventuali fratture vertebrali che possono essere sfuggite in precedenza.
L’obiettivo di chi si occupa di osteoporosi è prevenire le fratture
Il Presidio Sanitario è solito consigliare una terapia farmacologica, oppure dare dei consigli sulle modificazioni ambientali utili per prevenire fratture, in particolare le fratture di femore. È stato dimostrato che i farmaci utilizzati riducono efficacemente questo rischio.
Se la frattura del femore è già occorsa, il paziente, spesso anziano, dovrà affrontare una situazione complessa: il percorso riabilitativo non consiste solo nell’aggiustare un osso, compito del chirurgo ortopedico, ma anche nell’affrontare un forte squilibrio nella vita di una persona di età avanzata.
Come viene gestita la frattura del femore al Presidio Sanitario San Camillo?
È necessario che un’intera squadra si faccia carico del paziente. Bisogna considerare gli aspetti geriatrici internistici, la fragilità scheletrica e il recupero del movimento. L’obiettivo è dunque quello di valutare la persona anziana nel suo complesso.
L’approccio multidisciplinare è una strada obbligata, perché non è possibile effettuare un percorso riabilitativo dopo una frattura del femore solamente con un intervento settoriale: è necessario prendere in carico il paziente in maniera complessiva. Anche nel caso in cui l’operazione sia perfettamente riuscita, è possibile che una persona anziana riporti altri problemi di salute che vanno risolti tempestivamente, come un’ulcera da pressione oppure infezioni recidivanti, polmonari o urinarie.
Nell'insieme della presa in carico di questi aspetti è cruciale il ruolo dell'équipe riabilitativa nella figura degli operatori, dal fisioterapista al terapista occupazionale.
Le fratture dovute a osteoporosi possono aggravare i deficit cognitivi
Va analizzato ancora un aspetto del quale la nostra struttura si occupa in modo specifico, ovvero la valutazione cognitiva. I deficit cognitivi, anche se preesistenti, possono essere esacerbati da diversi fattori:
- la frattura
- l’ospedalizzazione
- l’anestesia
- l'ambiente ospedaliero (in quanto naturalmente diverso da quello di casa)
- il dolore
I deficit cognitivi sono spesso un ostacolo che impedisce il recupero completo dell’autonomia.
Riuscire a valutarli tempestivamente è decisivo per poter effettuare un counseling adeguato per la persona e per i suoi familiari, nella prospettiva di un re-inserimento familiare.
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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.
Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.
Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano
Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.
Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:
"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”
Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:
"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”
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