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Il sogno dello sviluppo della carrozzina a guida autonoma prosegue!

2021-07-09
Il sogno dello sviluppo della carrozzina a guida autonoma prosegue!

Dopo aver ricevuto dalla Regione Piemonte il riconoscimento per potere proseguire nello sviluppo di “A.L.B.A.” grazie ai progetti di ricerca del Bando PI.TE.F. (Piattaforma Tecnologica di Filiera), il gruppo di lavoro ha pianificato un cronoprogramma che vede impegnato nella crescita e sviluppo del prototipo ancora una volta il Presidio come “end user”. A.l.b.a., come noto, era stata presentata a novembre del 2019 al San Camillo, in un evento significativo e di grande risonanza a sia a livello nazionale che internazionale.

Il Bando PITEF, in cui è inserita la nostra carrozzina, intende sostenere “Progetti strategici su tematiche di interesse regionale o sovra regionale” (Piattaforme Tecnologiche), promuovendo lo sviluppo di soluzioni innovative avendo, tra gli altri, i seguenti obiettivi prioritari:

  • sostenere e rafforzare le filiere produttive piemontesi, attraverso le opportunità di sinergia offerte dalle nuove tecnologie per mettere a fattor comune il patrimonio di ricerca e sviluppo e le expertise delle relative catene del valore;
  • incentivare la costruzione di sinergie fra imprese (aerospazio, automotive, chimica verde e innovazione per la salute);
  • stimolare programmi in grado di migliorare prodotti, servizi, processi e organizzazione sia delle singole imprese sia delle aggregazioni tra esse.

In questo contesto il San Camillo partecipa con orgoglio ad una attività che vede coinvolte numerose imprese del contesto cittadino ed anche di fama mondiale portando tutta la sua esperienza maturata in tema di carrozzine e disabilità. Nel gruppo è importante, per autorevolezza, anche la presenza del Politecnico di Torino con diversi suoi dipartimenti.

Per il San Camillo sono coinvolti in questo programma medici fisiatri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, infermieri e informatici dell’Ospedale nonché alcuni pazienti che hanno dato il loro contributo frutto delle esperienze, di breve o lungo periodo, vissute su carrozzine meccaniche ed elettroniche.

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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