Giornata Internazionale dell’Infermiere 2023

2023-05-12
Giornata Internazionale dell’Infermiere 2023

Oggi, 12 maggio, si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale dell’Infermiere

È un’occasione preziosa per fermarsi a riflettere, o per recuperare un pensiero, o un valore o il significato e l’implicanza di una crisi e, sicuramente, anche perché tutto ciò possa divenire fertile terreno di condivisione e di confronto.

Quest’anno vorrei partire da un quesito che provocatoriamente porrei trasformandolo quasi in una sorta di slogan sia per me come per tutti i colleghi:

LO “SPECIFICO PROFESSIONALE”: REALTÀ FRUSTRANTE O REALTÀ GRATIFICANTE?

 

Non è tanto sulla professione che vorrei soffermarmi quanto sulla professionalità; e cioè su quel carattere peculiare di una determinata attività, che costituisce quell’insieme degli attributi distintivi di un professionista, quali:

  • preparazione personale, culturale e scientifica
  • abilità tecnica, destrezza e sicurezza
  • capacità di decidere ed operare in modo autonomo e responsabile

E, via via, sino a tutto ciò che concorre a personalizzare la professione.

 

Ciascuno di voi potrebbe, a livello soggettivo, individuare gli aspetti che qualificano la professione; personalmente, io sento davvero importante e urgente, riconfermare il vero specifico della nostra professione, ovvero: la relazione terapeutica di aiuto! Mi piacerebbe davvero che tutto ciò fosse e divenisse sempre di più in noi consapevolezza forte e, a tal punto radicata, e decisamente interiorizzata da rendere inequivocabile l’interpretazione positiva ed autentica di ciò che siamo. Ed è in questa specificità che noi inglobiamo ed esplodiamo nel contempo, il sapere, la tecnica, il management…

 

In questi decenni, davvero con tanta tenacia si è lavorato e, si continua tutt’ora a lavorare, per connotare e confermare il contributo dell’infermieristica in tutti i contesti e nei suoi vari ambiti: è stata fatta davvero tanta strada. È necessario, però, di tanto in tanto, fermarsi per tornare al “cuore della nostra identità”; perché compiere questo esercizio ci aiuta, nel nostro percorso, ad alimentare e a tenere sempre alta la tensione motivazionale e cioè quella spinta dinamica, crescente, che percorre l’intera vita professionale dell’infermiere e che lo sostiene nell’esercizio della professione in qualsiasi settore operativo. E tutto ciò perché, non dobbiamo mai scordarcelo, ogni autentica spinta motivazionale che fondi, col carattere che gli è proprio, lo specifico di una professione, non costituisce mai per sé stessa una realtà scontata e acquisita per sempre, posta e data quindi una volta per tutte, ma che, quotidianamente, ha bisogno di essere ratificata e rinnovata.

 

Buon cammino a tutte e a tutti!

Valeria Miazzo - Infermiera, direttrice del Servizio Infermieristico Tecnico e della riabilitazione

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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