Bilancio Sociale 2018: il racconto emozionante di chi aiuta ogni giorno il San Camillo a crescere

2019-09-19
Bilancio Sociale 2018: il racconto emozionante di chi aiuta ogni giorno il San Camillo a crescere

Storie che hanno emozionato, con un finale che ha avuto per protagonista Riccardo, il ragazzo che era entrato al San Camillo per trovare un aiuto al problema dell'autismo e che oggi vi torna per lavorare. Al termine della presentazione del Bilancio Sociale 2018 ha firmato davanti ai presenti il contratto che lo ha assegnato proprio al Presidio Sanitario per il suo lavoro di gestione dei distributori di cibo e di bevande presenti nell'atrio della struttura.

Una conclusione emozionante, ed emozionante è stato il racconto di chi ha narrato a voce le vicende raccolte in "Tante storie per una storia unica", come quest'anno è stato intitolato il Bilancio Sociale, giunto alla sua ottava edizione. Hanno fatto da filo conduttore ai cinque Capitali di cui è composto il documento (Umano, Intellettuale, Sociale/Relazionale, Naturale ed Economico Finanziario/Organizzativo), consegnato mercoledì 18 settembre a chi ha partecipato all'evento organizzato nella sede di strada Santa Margherita 136. Importante è stato il saluto delle autorità, a cominciare da Enzo Lavolta, vicepresidente vicario del Consiglio comunale: “Sono contento di portare a esempio l'esperienza virtuosa del San Camillo: il Bilancio Sociale è una straordinaria possibilità per produrre valore, mettendo in evidenza tutte le realtà che partecipano di questo sforzo”. Con lui Franca Dall'Occo, in rappresentanza della Regione Piemonte (“Siete un fiore all'occhiello nel rapporto con il privato”), Edoardo Tegani, direttore sanitario dell'Asl Città di Torino (“Il San Camillo è un punto di riferimento”) e don Paolo Fini, direttore della pastorale sanitaria per la diocesi di Torino (“Il no profit è un valore importante per la società e interlocutore privilegiato delle istituzioni: il Bilancio Sociale è un'occasione per ragionare della nostra natura”).

Quindi gli interventi, coordinati dal Direttore sanitario Paolo Bruni, di chi ha costruito materialmente il bilancio, mettendo nero su bianco le storie che hanno caratterizzatil 2017 della struttura, fino alla firma del contratto da parte di Riccardo, davanti a don Andrea Bonsignori, fondatore del Chicco Cotto, e Marco Salza, Direttore generale del San Camillo, che ha indicato quale siano le sfide future che attendono il Presidio e di cui il Bilancio Sociale è testimonianza ogni anno.

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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