Restare vicini nonostante la distanza: il servizio VEGA durante la pandemia

Il Servizio Vega è inserito nel Day Hospital riabilitativo del Presidio ed è dedicato specificatamente a persone che presentano sindrome autistica ed è pertanto strutturato per effettuare trattamenti psicoeducativi multiprofessionali atti al potenziamento delle abilità legate al comportamento, alla comunicazione e alla socializzazione. I pazienti che frequentano il Servizio sono per la maggior parte bambini e ragazzi di età compresa tra i 6 e i 20 anni. La maggior parte di loro necessita di una rigorosa pianificazione delle attività della giornata, in modo da non lasciare spazio all’imprevedibilità: avere ben chiaro ciò che li aspetta permette loro di vivere con minor ansia, adattandosi maggiormente all’ambiente ed agli altri, realtà che si trasforma e si propone di adeguarsi alle loro necessità ed individualità diventando risorsa di crescita condivisa e di investimento affettivo e comunicativo. Si verificano tuttavia nella vita eventi inattesi o almeno considerati “improbabili” e che hanno il potere di creare ansia e scompiglio in tutti noi, anche nei definiti “normodotati”: la pandemia da COVID-19 è stata uno di questi.

Da un giorno all’altro i nostri ragazzi, e più che mai in primis noi con loro, ci siamo visti costretti a rimodulare tutta la vita quotidiana, le nostre abitudini e le nostre routine in un contesto sociale di paura e disorientamento. Un’esperienza che ci ha avvicinati al loro modo di vivere, in qualche modo.., senza le certezze che abbiamo in tasca e siamo soliti a chiamare “abitudini”. I nostri ragazzi si sono trovati nello specifico a trascorrere tutto il loro tempo in casa, non hanno più potuto frequentare la scuola e i centri terapeutici, gli spazi aperti, neanche sotto casa, compreso quindi il nostro Servizio.

Guardando in un’ottica più allargata le famiglie dei nostri bimbi si sono trovate a casa in smart working o in cassa integrazione o ancora con un lavoro socialmente utile da continuare a svolgere in presenza, forse anche con orari amplificati, con i minori a casa in DAD e senza alcuna risorsa terapeutica, senza “metodologie”, da reinventarsi a casa, nel vincolo domiciliare. Sono rimasti soli con la loro patologia e con tutto il carico emotivo e di impegno fattivo che questo e l’essere genitori di bambini “speciali” comporta. Sono emersi fortemente l’impotenza, la solitudine, la frustrazione e l’isolamento. In un clima teso e fragile al tempo stesso, conoscendo i bambini e le famiglie con le quali lavoriamo grazie anche a percorsi di parent - training che abbiamo nel tempo attuato e sperimentato per creare riferimenti, reti e ponti di sostegno in condivisone di esperienze e di funzioni.

Abbiamo dunque dovuto “non perderci”, sperimentandoci in dimensioni inattese ed inesplorate, mettendoci in gioco nel dare il nostro contributo a distanza in modo da rimanere in contatto e sostenere questo passaggio di vita così delicato per tutti, per chiunque. Abbiamo creato storie sociali, ovvero dei veri e propri racconti atti a spiegare quello che stava accadendo, continuando ad utilizzare principalmente il privilegiato canale visivo (immagini, disegni, fotografie, ecc.), per motivare, cercando di far comprendere ai nostri bambini le ragioni delle restrizioni in atto, elencando le nuove regole da rispettare, nel loro variare quotidiano, e le precauzioni da prendere per fronteggiare la pandemia e le attività, alternative a quelle delle loro normali routine quotidiane per poter continuare a crescere ed evolversi ancora con il nostro contributo ognuno nel proprio e quanto mai unico contesto domestico.

Descriviamo qui di seguito, nello specifico, due storie sociali differenti per complessità e livello di funzionamento, utilizzando il programma Powerpoint in modo da animare le immagini e rendere più accattivante il formato:

  • la prima molto semplice, senza scritte, per i bambini più piccoli e quelli più compromessi dal punto di vista cognitivo;
  • la seconda, per quelli con un più elevato livello di sviluppo, con didascalie esplicative avendo comunque cura di utilizzare un linguaggio semplice e chiaro.

Una volta completate le abbiamo spedite via mail alle famiglie dei nostri pazienti, affinché venissero mostrate loro dai genitori.

In queste mail abbiamo inoltre allegato sequenze filmate e di immagini, create da noi o riprese da quelle divulgate dal Ministero della Sanità, per spiegare ai nostri pazienti come attenersi correttamente alle norme igieniche del lavaggio mani e come indossare e togliersi la mascherina senza rischiare di contagiarsi.

I genitori hanno apprezzato molto questa iniziativa, sebbene si siano sentiti un po’ “abbandonati”: non ci è infatti stato possibile effettuare delle sedute di parent training a distanza per accompagnarli e supportarli giorno per giorno in un periodo da trascorrere 24 ore su 24 accanto ai loro figli. L’ospedale Infantile Regina Margherita, con la collaborazione della nostra Neuropsicomotricista, ha portato avanti un servizio di parent training con colloqui settimanali di counseling a distanza con le famiglie che avevano appena ricevuto la diagnosi di autismo e che erano in attesa di presa in carico presso l’Asl di territorio, in un periodo in cui tutto risultava “congelato secondo le priorità”. Tale progetto è stato accolto con gratitudine e fiducia dalle famiglie che si sono sentite supportate e accompagnate in un momento di vita già di per sé difficile e delicato, reso ancora più ostico in relazione ad un’emergenza sanitaria globale, che integrava la loro emergenza di fronte ad una delle diagnosi infantili più disorientanti e destrutturanti per una famiglia.

Noi operatori, dopo un periodo di ferie forzate, venendo a conoscenza della nostra sorte solo di mese in mese, abbiamo infatti usufruito del FIS (Fondo di Integrazione Salariale) e siamo rimasti a casa fino a fine agosto 2020. Al rientro abbiamo preparato nuove storie sociali per preparare i ragazzi al rientro presso il nostro Servizio, dove avrebbero trovato nuove e più complesse procedure di ingresso (compilazione dei moduli di triage, misurazione della temperatura, disinfezioni e lavaggi frequenti delle mani), misure precauzionali da tenere durante le attività (distanziamento sociale, divieto di toccarsi, obbligo di indossare la mascherina, ecc.) e qualche altro fattore destabilizzante, come ad esempio la presenza dei DPI nell’abbigliamento degli operatori o la soppressione di alcune attività di gruppo: uno scenario alieno agli occhi dei ragazzi.

Tutti questi aspetti, a cui vanno aggiunte anche più rigorose procedure di igiene, come ad esempio la sanificazione continua di tutti i locali e dei materiali utilizzati, sono stati accompagnati da risvolti positivi: la necessaria riorganizzazione delle attività del Servizio ha infatti previsto sessioni di lavoro con rapporti numerici ridotti, con un conseguente miglioramento della qualità del rapporto educativo con i nostri pazienti che ci sta riportando di giorno in giorno a camminare di nuovo più “accanto” e probabilmente, esperienzialmente, in maniera un po’ più vera.

 

Guarda la testimonianza della mamma di Gabriele

 

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