Il metodo DArT (Dance Therapy): un lavoro di ricerca di portata internazionale

L'importanza delle terapie non convenzionali nel trattamento riabilitativo delle patologie neurodegenerative e nella malattia di Parkinson

La fisioterapia è attualmente considerata una componente essenziale nella gestione dei sintomi motori e non motori della malattia di Parkinson, complementare alla farmacoterapia e alla chirurgia funzionale.

I diversi approcci riabilitativi hanno in comune "l'esercizio" come elemento di base e le evidenze scientifiche in modelli animali e in soggetti umani suggeriscono che il meccanismo alla base dei benefici osservati è costituito da un’aumentata plasticità neuronale. Nello specifico, è stato dimostrato che, nelle persone con malattia di Parkinson, l'attività fisica:

  • ritarda il deterioramento delle funzioni motorie;
  • prolunga l'indipendenza funzionale.

Gli esercizi riabilitativi basati sulla resistenza e che lavorano in modo specifico su equilibrio e forza hanno mostrato effetti positivi.

Inoltre, esercizi che agiscono sull’interazione mente-corpo, tra cui danza, lo yoga e il tai chi, sono stati segnalati come le strategie complementari più comuni adottate dai pazienti parkinsoniani per migliorare il loro benessere generale, con numerose meta-analisi che negli ultimi anni riportano conclusioni favorevoli sull'efficacia di tali interventi nel migliorare equilibrio, cammino, abilità fisiche dei pazienti.

È inoltre importante sottolineare che, per ottenere un risultato ottimale nei soggetti affetti da questa malattia, è importante tenere in considerazione un certo numero di variabili pratiche:

  • apprendimento mirato: praticare attività che portano a un miglioramento di performance specifiche, come per es. il cammino o la postura;
  • neuroplasticità dipendente dal tipo di esperienza: intensità, ripetizione, specificità, difficoltà e complessità della pratica;
  • allenamento aerobico: attività vigorosa e sostenuta per aumentare la funzione cardio-polmonare, il consumo di ossigeno e il flusso di sangue al cervello;
  • maggiore impegno cognitivo attraverso: feedback (verbale o propriocettivo), prove che richiedono attenzione (cueing o dual tasking), motivazione (ricompensa);
  • fattibilità: regime farmacologico stabile, obiettivi realistici, evitare gli aspetti critici.

 

Dal punto di vista dei pazienti con malattia di Parkinson, l’utilità di tale collaborazione parte dal fatto che il Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini” dell’Università degli Studi di Torino ha messo a punto diversi approcci neurofisiologici e/o comportamentali che sono in grado di quantificare in modo oggettivo gli effetti dei trattamenti che un Presidio di riabilitazione, quale il Presidio San Camillo, propone a chi vi afferisce.

Per esempio:

  • velocità e programmazione del movimento in un test che si esegue avvalendosi del Movement Time Analyzer, strumento già validato nel paziente parkinsoniano e costituito da una tavoletta dotata di 4 sensori (uno posizionato in basso al centro e tre in alto): posizionando il dito indice sul sensore centrale, il paziente deve raggiungere nel minor tempo possibile uno degli altri tre sensori che si accendono in ordine casuale, per poi tornare alla posizione iniziale, senza mai staccare il dito dalla superficie della tavoletta (Frisaldi et al. 2017);
  • analisi della variabilità della Frequenza Cardiaca quale indicatore delle risposte del sistema nervoso autonomo (Lanotte et al 2015);
  • forza, resistenza e coordinazione in un esercizio che prevede l’uso di carrucola che consente di sollevare ripetutamente un peso piegando il dito indice. I parametri analizzati sono: il numero di flessioni, l’intensità dello sforzo percepito dal paziente, e il Readiness Potential (RP), ovvero un potenziale negativo lento legato alla fatica e misurabile mediante elettroencefalogramma (Carlino et al. 2021);
  • un sistema che, basato sul feedback visivo e validato per la prima volta su una popolazione di volontari sani, è in grado di misurare in modo affidabile sia la contrazione massima volontaria (Maximal Voluntary Contraction, MVC) esercitata dalla pressione tra le dita pollice e indice sia la precisione e la coordinazione nella gestione e uso di tale forza (Dottor et al 2021).

Il lavoro di ricerca svolto dal nostro gruppo multidisciplinare, costituito dai Dipartimenti di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini” e Scienze Chirurgiche, entrambi dell’Università degli Studi di Torino e il Presidio Sanitario San Camillo, ha sviluppato un intervento combinato danza-fisioterapia chiamato metodo DArT (DAnce Therapy) e rivolto a pazienti con malattia di Parkinson lieve.

I risultati e la descrizione dettagliata del metodo sono stati pubblicati a marzo 2021 sulla rivista scientifica internazionale Neurological Sciences, del gruppo editoriale Springer, parte di Springer Nature, sono stati citati all’ultimo Congresso internazionale della Movement Disorder Society e dal quotidiano nazionale La Stampa.

Questo studio pilota, condotto seguendo rigorosamente la metodologia dei trial clinici randomizzati e controllati, ha avuto lo scopo di indagare l'efficacia e la sicurezza del metodo DArT.

Uno studio è stato condotto su 38 pazienti con PD lieve in terapia dopaminergica, dopo aver valutato l’inclusione di ben 120 pazienti, tra Presidio Sanitario San Camillo e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza.

 

L'intervento consiste in un protocollo add-on: il gruppo di controllo riceve 1 ora di fisioterapia convenzionale seguita da 1 ora di fisioterapia convenzionale ogni giorno, 3 volte a settimana, per 5 settimane. Il gruppo sperimentale riceve 1 ora di fisioterapia convenzionale seguita da 1 ora di lezione di danza ogni giorno, 3 volte a settimana, per 5 settimane. La settimana prima e dopo il periodo di formazione, i pazienti vengono valutati per le componenti: motoria, cognitiva, emotiva e sensoriale della malattia, con MDS-UPDRS-III come parametro di efficacia principale.

Nel contesto delle recenti meta-analisi sugli interventi basati sulla danza, l'efficacia del metodo DArT nel migliorare le componenti motorie, componenti cognitive ed emotive dopo il periodo di formazione rispetto alla linea di base è coerente con i precedenti risultati.

È inoltre interessante notare che, in base alle nostre conoscenze, il presente studio è il primo a dimostrare che un intervento basato sulla fisioterapia e la danza rivolto a pazienti con malattia lieve è in grado di suscitare un marcato miglioramento della compromissione motoria che colpisce la parte superiore del corpo, e dunque l'espressione facciale, la rigidità del collo e delle braccia, bradicinesia della parte superiore del corpo, tremore posturale/cinetico, e tremore a riposo.

Per quanto riguarda l’applicabilità e la generalizzabilità del metodo DArT, i risultati preliminari ottenuti potrebbero essere esportati anche al di fuori del contesto sanitario. La fase ludica di questo

nuovo training riabilitativo, rappresentato dal programma di danza, creerebbe un ponte di interesse e complicità con il paziente, dove anche i caregiver potrebbero essere coinvolti quando possibile.

Secondo questa prospettiva, nuove figure di terapeuti, che sono sia danzatori addestrati che persone che conoscono la diventerebbero di cruciale importanza.

 

Intervento a cura di Elisa Frisaldi

Laureata in biotecnologie mediche, dottorato di ricerca in Genetica Umana e attualmente ricercatrice in Neuroscienze. In particolare, dal 2012 la sua ricerca, svolta all’interno del Dipartimento di Neuroscienze, nel gruppo del professor Fabrizio Benedetti, si concentra sulle funzioni cognitive superiori, soprattutto quelle che partecipano agli effetti placebo nel dolore, nella malattia di Parkinson e nella Miastenia gravis.

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