Giornata internazionale dell’Infermiere

2024-05-12
Giornata internazionale dell’Infermiere

Il 12 maggio si celebra ogni anno la Giornata internazionale dell’Infermiere, un modo per riconoscere l’importanza del lavoro svolto quotidianamente dal personale infermieristico in tutto il mondo. La scelta è caduta sul 12 maggio per un motivo preciso: è l’anniversario della nascita di Florence Nightingale, la storica pioniera dell’infermieristica moderna, figura centrale nella definizione della professione e nel suo sviluppo.

Per l'edizione del 2024, il tema scelto è “Our Nurses, Our Future: The Economic Power of Care” ovvero: I nostri infermieri, il nostro futuro: il potere economico della cura. Tale tema ricorda i risvolti anche economici del potenziamento della qualità di cura e di assistenza: è incontestabile che investimenti nel settore infermieristico contribuisca ad avere popolazioni più sane, e conseguentemente economie più robuste.

L’obiettivo è portare al centro del dibattito sulla Sanità l'importanza di investire nella professione infermieristica e di rispettare sia il diritto alla salute in tutti i Paesi sia i diritti sul lavoro degli infermieri. Gli infermieri e le infermiere sono figure chiave per riuscire a garantire una Sanità sicura e giusta a livello globale.

 

“Sono completamente convinta che gli eroi più grandi siano quelli che svolgono il loro dovere nella routine sfinente delle faccende quotidiane, mentre il resto del mondo gira come una giostra impazzita.”

(Florence Nightingale)

 

Ai nostri infermieri e alle nostre infermiere va un sentito ringraziamento per l’impegno quotidiano nel prendersi cura dei pazienti, nell’essere parte attiva dei processi di guarigione e riabilitazione e nel portare assistenza, presenza e supporto a tutti i Servizi, ai pazienti e alle famiglie.

 

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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.

Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.

 

Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano

Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.

Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:

 

"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”

 

Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:

"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”

 

Leggi l’articolo per intero su La Stampa

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