Portale della Fondazione Opera San Camillo - Quali sono i benefici della terapia occupazionale per chi ha avuto un ictus? - Quali sono i benefici della terapia occupazionale per chi ha avuto un ictus? - Torino
Quali sono i benefici della terapia occupazionale per chi ha avuto un ictus?
Il processo riabilitativo per gli esiti di ictus cerebrale è cruciale per consentire al paziente il massimo recupero funzionale delle attività della vita quotidiana: il terapista occupazionale è il professionista specializzato in questo percorso.
Come sostenere il recupero funzionale dopo un ictus?
Il beneficio principale che offre la terapia occupazionale consiste nel tornare a fare quello che si desidera fare. Questo restituisce un senso alla vita e indirettamente aiuta anche chi si prende cura del paziente, perché aumenta la serenità all'interno della dinamica relazionale.
Volendo sintetizzare in uno slogan il percorso del terapista occupazionale insieme al suo paziente, sarebbe sicuramente: “trova il modo”. Trovare il modo per riprendere in mano la propria vita è possibile, così come trovare il modo per condurre la propria vita in modo soddisfacente e pieno, recuperando interessi e passioni.
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Mi chiamo Alessandra Comazzi, sono giornalista, torinese, ho 67 anni e sono neuropatica. Mi occupavo di spettacoli, facevo il critico televisivo per un quotidiano, La Stampa. Adesso mi occupo soprattutto di tornare a camminare e di reimparare a usare le mani. Un bel salto anche emotivo. Perché c’è la fede, certo, ma poi ci sono la carità, e la speranza. Le tre virtù cardinali. E ho imparato che forse, in certi momenti difficili, proprio la speranza è la virtù più impervia.
Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.
Leggi la testimonianza nell'articolo de L'Osservatore Romano
Alessandra Comazzi, giornalista piemontese, racconta in modo profondo e coinvolgente la sua malattia e l’esperienza fatta tra le mura del nostro Presidio.
Ecco qualche breve stralcio dell’articolo:
"Rosso 32. Era il mio codice identificativo al San Camillo, il presidio sanitario che a Torino è specializzato in riabilitazione. I reparti dell’ospedale hanno il nome dei colori, Verde, Giallo, Lilla, Azzurro e, appunto, Rosso. Il 32 era il numero del mio letto. Un modo, forse, per colorare la vita dei pazienti affetti da menomazioni e disabilità, molti dei quali con validi motivi per vedere la vita in nero fosco, al massimo grigio. Potrebbe sembrare un modo puerile per affrontare la sofferenza, ma i padri Camilliani sanno quello che fanno.”
Infine aggiunge un ringraziamento molto speciale:
"La mia è una semplice testimonianza, non ho competenze tecniche o scientifiche. In questo percorso che non è solo riabilitativo, ma è anche di fede e ringraziamento, vorrei restituire a tutte le donne e gli uomini che mi sono stati e mi sono vicini, qualcosa di quello che mi è stato donato. Il dono di medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi, è stata una continua ricerca di senso, oltre che di professionalità”
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