Il progetto "caregiver" al San Camillo: addestrare e sostenere le persone che assistono chi è colpito da ictus

2019-06-13
Il progetto
 

Il Presidio Sanitario San Camillo di Torino ha deciso di dar vita a un progetto sulla presa in carico dei “caregiver” di pazienti colpiti da icuts. Ne parliamo con la dottoressa Camilla Gatti.
L’idea di questo progetto nasce con l’intento di implementare un intervento educativo e di supporto per i caregiver di pazienti affetti da ictus. Nella pratica clinica quotidiana i caregiver vengono individuati e addestrati, ma non sempre in modo continuo o documentato, cosi che spesso restano delle lacune oppure non si effettua un intervento sinergico tra i vari professionisti della riabilitazione. È ormai assodato e supportato dalla letteratura che la presa in carico del paziente colpito da ictus debba avvenire a livello di équipe interdisciplinare e che è altrettanto necessario individuare e coinvolgere nel progetto riabilitativo il caregiver informale, nell’ottica di un rientro a domicilio funzionale e nei tempi di degenza stabiliti. Un caregiver correttamente educato e addestrato rispetto all’assistenza sarà in grado di gestire appropriatamente il proprio caro a casa e saprà divincolarsi nella matassa delle complicanze burocratiche che spesso rendono più complesse alcune fasi necessarie come, ad esempio, la richiesta di invalidità o la gestione degli ausili. La formazione del caregiver, perché sia realmente efficace, deve avvenire fin dai primi giorni di ricovero del paziente e deve essere strutturata e documentata, in modo da evidenziare le criticità e risolverle durante il periodo di ospedalizzazione, nell’ottica di un passaggio fluido verso il domicilio, eventualmente in continuità con le strutture del territorio, qualora ve ne sia la necessità.

Quali sono gli obiettivi perseguiti?
Il cuore di questo progetto è di implementare un intervento che preveda i seguenti obiettivi

  • sviluppare e implementare strumenti di supporto che facilitino la comunicazione all’interno dell’équipe riabilitativa

  • coordinare e rendere maggiormente sinergica e documentata la presa in carico dei caregiver di pazienti colpiti da ictus

  • educare i caregiver rispetto ai bisogni assistenziali specifici del malato

  • facilitare la dimissione al domicilio

  • far acquisire un senso di efficacia rispetto a quella che sarà la gestione della persona al termine del ricovero

  • favorire la soddisfazione degli operatori rispetto ai risultati raggiunti con il nucleo paziente-caregiver dopo l’intervento educativo

Dottoressa Gatti, può scendere ancor più nel dettaglio?
In particolare per attuare l’intervento educativo vero e proprio saranno proposte delle skills educative prevalentemente sotto forma di check list (realizzate in collaborazione con fisioterapisti, terapisti occupazionali e logopedista). Ogni check list comprenderà una valutazione del livello di apprendimento del caregiver per fasi: primo momento di addestramento e successivi rinforzi. Ogni fase sarà documentata e firmata dall’operatore che la effettuerà. Si potrà definire raggiunto l’obiettivo educativo quando il caregiver sarà autonomo nell’eseguire la tecnica. Questo intervento sarà supportato anche da un opuscolo contenente informazione sulla patologia, sul servizio riabilitativo, sull’accesso ai servizi e sulla gestione della parte burocratica (invalidità, richiesta ausili, montascale, altro). Viene inoltre proposto ai caregiver un servizio di“sportello d’ascolto” gestito da alcuni membri dell’associazione A.L.I.C.E onlus.

Qual è il principale compito del caregiver e a quale formazione viene sottoposto presso il Presidio Sanitario San Camillo?
Preferiamo non attribuire un “compito “ ai caregiver. L’idea è quella di coinvolgerlo nel percorso riabilitativo che intraprende il paziente, ogni diade paziente-caregiver ha una storia a sé che va indagata e assimilata nel percorso di cura. Ciò che si vuole proporre è un percorso individualizzato sulla base dei bisogni del singolo paziente. Il caregiver viene poco a poco addestrato a rispondere ai bisogni del proprio caro, dalla comunicazione fino alle attività di base come mobilizzazione e igiene personale. La formazione avviene sia attraverso la lettura dell’opuscolo sia nei momenti pratici, svolti sotto forma di counseling con il terapista di riferimento. Ad esempio, se parliamo di“mobilizzazione” faremo riferimento al fisioterapista, e nei successivi momenti di rinforzo di quanto appreso che vengono svolti in reparto con gli infermieri durante le attività assistenziali quotidiane.

Quali sono le prime difficoltà dei pazienti colpiti dai ictus nel rientro al domicilio?
Per rispondere a questa domanda citiamo i risultati di uno studio svolto nel 2012 dalla dottoressa Paola Montanari nel Presidio San Camillo pubblicato sulla rivista L’Infermiere“Ictus cerebrale: studio qualitativo su esperienze e bisogni dei caregivers informali”. Le difficoltàemerse intervistando alcuni caregiver di pazienti colpiti da ictus nella fase di rientro al domicilio sono state le seguenti:

  • il passaggio da un ambiente protetto a uno non protetto

  • difficoltà pratiche e risoluzione di problemi

  • rapporti con istituzioni e servizi territoriali

  • percepire il peso del ruolo e delle nuove responsabilità

  • preoccupazioni per il futuro

Quanti sono i casi di caregiver-pazienti al San Camillo?
Attualmente abbiamo seguito 22 casi, di questi 14 hanno completato il progetto educativo, 6 non lo hanno portato a termine (un paziente è stato trasferito in un altro ospedale per aggravamento, un paziente si è autodimesso e 4 sono stati inclusi nel progetto ma non avevano caregiver, in quest’ultimo caso è stato comunque efficace la valutazione iniziale della presenza di caregiver poiché è stato attivato precocemente un percorso per l’inserimento in un’altra struttura al termine del ricovero) e 2 pazienti sono ancora ricoverati. I caregiver intervistati nella fase di follow up hanno espresso soddisfazione rispetto all’educazione ricevuta e si sono sentiti capiti e sostenuti.

Quali sono le prospettive di crescita del progetto e quali sono i nuovi obiettivi da raggiungere?
Tra gli obiettivi futuri, e una volta analizzati i dati al termine della fase sperimentale, si vorrebbe estendere il metodo a tutti i reparti del Presidio e valutare lo strumento come modello valido per l’educazione dei caregiver di tutti i pazienti ricoverati, indipendentemente dalla patologia.

 

 la dottoressa Camilla Gatti

 

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